Mindfulness: l’arte della felicità nel presente dimenticato

Negli ultimi anni si sente parlare sempre più di Mindfulness. Questo articolo è pensato specificatamente per chi non ne ha mai sentito parlare di Mindfulness, e vuole curiosare sull’argomento o coglierne sfaccettature diverse.

Cosa è la Mindfulness?

Il termine “Mindfulness”, importato dal mondo anglosassone, corrisponde alla traduzione della parola “sati” nell’antica lingua pali.

La Mindfulness è una qualità della nostra mente che consiste nell’intenzione di sostenere ed orientare l’attenzione verso il momento presente, ovvero l’esperienza che si sta dispiegando proprio in questo momento.

Ciò che si è invitati a fare nella Mindfulness è aprire l’attenzione a ciò che sta accadendo ed ampliare lo sguardo fino ad includere tutti gli aspetti dell’esperienza che si sta svolgendo sia internamente che esternamente, con un’attitudine particolare, a cui non siamo molto abituati nella nostra quotidianità. La qualità della nostra attenzione nel momento in cui siamo presenti mentalmente è inclusiva, accogliente, calda, senza alcun filtro, giudizio né scopo. Registriamo ed osserviamo semplicemente ciò che succede dentro e fuori di noi senza alcun obiettivo particolare; la nostra unica intenzione è stare con ciò che c’è, lasciare che le cose siano come sono e concederci il lusso di fluire assieme ad esse.

Sembra semplice, ma siamo abituati a frapporre continuamente tra noi e l’esperienza il chiacchiericcio della nostra mente proliferante, che si muove freneticamente come una scimmia indisciplinata nella sua produzione di pensieri, immagini, anticipazioni, ricordi, ruminazioni, preoccupazioni, paure, giudizi, critiche, valutazioni e… chi più ne ha più ne metta.

La parola Mindfulness si presta a diverse traduzioni nella nostra meravigliosa lingua italiana: presenza mentale, nuda attenzione, consapevolezza, ricordo, tra le molte altre. Quest’ultimo significato mi è sempre stato particolarmente a cuore perché spesso dimentichiamo letteralmente di essere vivi, risucchiati come siamo in un vortice di attività mentali che ci alienano e separano dalla vita che si sta svolgendo proprio ora. Il nostro corpo c’è ma non siamo presenti a ciò che accade perché persi altrove, in un tempo che non ci appartiene più o non ci appartiene ancora. Il passato non è più nostro ed il futuro non ha ancora avuto luogo. Eppure sono tempi incredibilmente sopravvalutati a cui dedichiamo una quantità notevole di tempo ed energie.

L’unico tempo che veramente ci appartiene è quello più drammaticamente dimenticato, eppure non abbiamo altro che il tempo presente a nostra disposizione. Non abbiamo altro che ciò che si sta svolgendo ora, tutto il resto è una produzione della mente.

La Mindfulness non demonizza le attività della mente indipendenti da uno stimolo esterno o non finalizzate ad un dato compito, anche perché la divagazione è alla base della creatività e di molti processi di apprendimento,  scoperta, ragionamento e pianificazione. La possibilità di divagare è una vera e propria acquisizione evolutiva che ci contraddistingue da tutti gli altri animali, ma purtroppo la nostra evoluzione ci rende solo più complessi e raffinati, non più felici; i costi da sostenere per un essere altamente evoluto come l’uomo sono altissimi a livello emotivo.

Il punto è che una mente indisciplinata, non sviluppata in modo mindfull è schiava della divagazione mentale e spesso è una mente che soffre nell’incapacità di prestare attenzione a quello che conta: la vita che si sta svolgendo.

Il fenomeno della mente vagante

Il fenomeno del mind wandering o mente vagante è stato studiato anche scientificamente con le moderne tecniche di risonanza magnetica che consentono di conoscere i processi cerebrali implicati in una determinata attività mentale. È stato in questo modo osservato che esiste un circuito attivo nei periodi di riposo in cui non svolgiamo alcun compito e l’attenzione non è diretta ad alcuno stimolo esterno dell’ambiente, chiamato default mode network, che risucchia molte energie in diverse aree cerebrali (Gusnard et al., 2001), quali la corteccia pre-frontale ventro mediale, la corteccia cingolata posteriore e temporale e l’ippocampo.

Il default mode network si attiva anche nei momenti in cui la nostra mente viaggia tra pensieri in libertà e si preoccupa di ciò che dovrebbe accadere e non è successo, contempla eventi passati o anticipa ciò che probabilmente succederà o non succederà. In sostanza questo circuito spesso è associato ad una sorta di pilota automatico che va da sé in molti momenti della giornata, in cui la nostra presenza alla vita che si sta effettivamente svolgendo non è piena e soddisfacente.

Quale sarebbe quindi il problema del fenomeno mind wandering?

Sembrerebbe che una mente molto incline alla divagazione non sia esattamente favorevole alla nostra felicità, perché ci aliena dalla situazione presente e ci porta a potenziare un sistema fatto di aspettative ed ideali frustranti. Meno si è allenati a stare nel presente e più difficoltà si incontrano nell’abbracciare la vita in tutte le sue sfaccettature, a stare con le cose così come sono, senza dover intervenire e reagire prontamente con forme più o meno severe di giudizio e avversione. Il discorso è chiaramente complesso e non mi propongo di esaurirlo in poche righe, ma una mente molto chiacchierona spesso interferisce con la qualità della nostra vita in modo negativo e si intromette anche nelle attività cognitive che richiedono un’attenzione focalizzata. Una mente indisciplinata produce pensieri e divagazioni anche quando ad esempio dovrebbe essere concentrata su un compito importante, in questo modo ne risente la qualità delle funzioni esecutive dell’area frontale e della corteccia dorso laterale.

Cosa si può cambiare attraverso le pratiche di Mindfulness?

Innanzitutto lo scopo non è annullare i pensieri e le divagazioni e a dirla tutta non c’è neanche uno scopo da perseguire. L’opportunità offerta da queste pratiche è osservare ciò che succede nella nostra mente ed accorgerci di quando ci stiamo perdendo nei pensieri, riconoscendoli come tali. La consapevolezza di divagare ci permette di riportare l’attenzione al presente e tornare a casa,  nel nostro corpo e nel nostro tempo. Non importa quante volte la mente divagherà e si perderà, con gentilezza la riporteremo al presente tutte le volte che accadrà… una, dieci o mille. Coltivando un’attitudine gentile e accogliente, paziente e senza giudizio. Non c’è bisogno di aggiungere critiche a questo processo perché le cose vanno bene così come sono, la mente è programmata per produrre e non c’è nulla da cambiare nel suo funzionamento, siamo soltanto invitati ad osservare, almeno per il tempo della pratica.

Questo allenamento fa parte della pratica Mindfulness e solitamente prevede, almeno inizialmente, la scelta di un oggetto specifico come il respiro per facilitare il contatto con le sensazioni vive ed attuali, sempre disponibili, del corpo nel momento presente.

Ricordare di essere vivi e accorgersi di quanto la mente possa arrecare sofferenza e separazione dalla vita che sta fluendo proprio in questo momento è uno dei tanti doni  della Mindfulness, eredità della millenaria saggezza buddista, di cui tutti, senza distinzione alcuna, possono beneficiare.


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