Mobbing: cos’è e come riconoscerlo

Mobbing: cos’è e come riconoscerlo

Il lavoro rappresenta un’importante parte della nostra vita, molto più del nostro tempo libero, dei nostri hobbies. In parte, quindi, ci caratterizza e, spesso e volentieri, combacia con le nostre passioni che valorizzano ancor di più il lavoro, il servizio che diamo alla nostra società. Premesso questo, è importante prendere in considerazione la qualità del proprio ambiente di lavoro e quanto essa influenzi lo stato d’animo del soggetto e di conseguenza la sua performance lavorativa. In molti casi la qualità risulta compromessa tanto che il lavoratore viva degli stati di forte disagio da minare il suo benessere psicofisico, in tal caso parliamo di mobbing sul lavoro. 

Mobbing sul lavoro

Il termine mobbing deriva da riprende il verbo inglese “to mob” che significa, appunto, assediare, attaccare.

Lo psicologo e psichiatra svedese Heinz Leymann (1984) definisce il Mobbing “un’aggressione psicologica e morale, reiterata nel tempo da parte di più aggressori, i quali agiscono nei confronti della vittima con l’intento di nuocere alla salute della stessa”.

Nei luoghi di lavoro può capitare che si manifestino litigi, fraintendimenti, omissioni di informazioni e molto altro che rischiano di intaccare i rapporti tra i colleghi. Ma questo, bene o male, può essere normale nei posti di lavoro.

Ma come fare a capire quando siamo in presenza di mobbing? Quando parliamo di mobbing, come afferma Leymann, abbiamo a che fare con l’intenzionalità di nuocere la vittima, per un lasso di tempo lungo e costante. Quindi è importante che i litigi siano reiterati nel tempo.

In generale, devono esiste alcune condizioni necessariamente presenti quando si va a valutare una situazione a rischio di mobbing.

Nello specifico deve esserci:

  • Aggressione. Come anticipato, deve esistere una intenzione volontaria di creare un danno nell’altro;
  • Tempo prolungato. L’aggressione deve essere perpetuata nel tempo. Un caso isolato non basta per poter parlare di mobbing;
  • Intensità crescente. L’aggressività deve essere perpetuata, alzando gradualmente il tiro;
  • La vittima è impossibilitata a difendersi;
  • Intenzionalità dell’aggressore è volta all’estromissione della vittima dalla realtà sociale e lavorativa.

Come capire se si è vittime di Mobbing

Nonostante siano state individuate delle precise condizioni, che devono essere presenti per definire un fenomeno di mobbing, quest’ultimo rimane comunque difficile da individuare. Definire un comportamento vessatorio senza prendere in considerazione il contesto lavorativo, risulta alquanto complesso. Tuttavia di seguito andremo ad approfondire i due elementi discriminatori da cui possiamo prendere riferimento di fronte ad una situazione a rischio.

  • Determinati comportamenti sono vessatori perché rientrano in un disegno grande all’interno del quale ledere la vittima risulta il principale obiettivo.
  • La durata e la frequenza sono due elementi discriminatori da tener presente. Infatti Leymann ritiene che 6 mesi siano la soglia da tenere come riferimento e per quanto riguarda la frequenza, è bene tenere in considerazione la costanza per quanto possa non essere facile fissare un indice di occorrenza preciso.

Infine la letteratura (Guglielmi, 2015) ci riferisce che sono presenti ben diverte tipologie di mobbing che differiscono per intenzionalità del mobbing. Infatti parliamo di:

  • Mobbing emotivo: esso fa riferimento ad un conflitto interpersonali non ben gestito.
  • Mobbing predatorio: esso fa riferimento ad un conflitto esplicito e manifesto.
  • Mobbing strategico: esso fa riferimento alle azioni vessatorie che vengono pianificate intenzionalmente dai piani alti dell’azienda con il fine dell’esclusione della vittima.

Un fenomeno sempre più importante

Negli ultimi anni il Mobbing, sempre più, sta diventando un fenomeno, anche se da sempre esistito, che viene concettualizzato concretamente. Rientra quindi all’interno dei fenomeni che intaccano negativamente il benessere psicofisico della persona. Insieme ad esso, infatti, le condizioni lavorative stressanti stanno diventando le principali variabili legate alla salute mentale della persona (Wall T.D. et al. 1997; Stansfeld et al. 1999; Paternitti et al., 2002; Stansfeld e Candy, 2006; Sanderson e Andrews, 2006; Sun et al., 2011), in questo modo è confermata l’importanza del rapporto tra lavoro e disagio psichico.

Intorno al 2012 è stata effettuata un’indagine sul lavoro dalla Fondazione europea (EUROFOND) che segnala una percentuale del 14 % di lavoratori vittime di comportamenti vessatori. In Italia, purtroppo, non c’è ancora una legge per prevenirlo, i casi rientrano nelle leggi antidiscriminatorie dalle quali il datore di lavoro è obbligato a garantire l’integrità psicofisica dei dipendenti (Decreto Legislativo n.81/2008).


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