Quali emozioni ai tempi del COVID-19

Quali emozioni ai tempi del COVID-19

Contagio ed emozioni causate dal coronavirus

Da quando abbiamo sentito per la prima volta parlare di Coronavirus, ogni settimana e ogni giorno lo scenario è cambiato. Inizialmente il sentimento maggiormente diffuso era l’incredulità. Le notizie che ci arrivavano, per quanto sconvolgenti, riguardavano un paese lontano: la Cina. Potevamo considerarle molto distanti da noi, come se non ci toccassero da vicino. Il virus, però, aveva cominciato la sua lenta marcia di diffusione.

Lo stato di sorpresa iniziale

Qualche settimana dopo, ci è arrivata la notizia che il virus era giunto in Italia, colpendo una persona “normale”, di una cittadina “normale” e questo ha cominciato a cambiare la nostra visione, di colpo il virus che ci sembrava tanto straniero, cominciava a farsi conoscere e a modificare il nostro pensiero, aumentando un senso d’ansia e di paura. Ancora una volta però la nostra mente aveva provato a proteggerci, facendoci pensare che sì, era in Italia, ma limitato in un centro di provincia, come se lì lo si sarebbe potuto trattenere, limitandone la diffusione attraverso le misure restrittive che erano state date alla “zona rossa”.

Il senso di impotenza di fronte al cambiamento

In realtà nei giorni successivi sono aumentate le informazioni rispetto al COVID-19 ed era ormai chiara l’impossibilità di contenere il virus. A questo punto le nostre reazioni hanno cominciato a mutare. Sono poi arrivati i “Numeri” sempre più espliciti dalla Protezione Civile e da lì i Decreti del Ministero.

Tutto è cambiato. La concezione della nostra vita e del modo di gestirla non è stata più la stessa: era ancora possibile provare a tenere ogni cosa sotto controllo? Sono cambiati il nostro lavoro, le nostre relazioni, il modo in cui entriamo in contatto con gli altri, è stato necessario affidarci a ciò che ci veniva detto e consigliato dai Decreti, dagli appelli della classe politica e degli esperti. La nostra sicurezza e condizioni di salute non dipendevano più soltanto da noi. Il comportamento degli altri, il rispetto delle regole, la sensibilità individuale, la possibilità di avere accesso alle informazioni e la loro qualità, sono diventate alcune tra le variabili che condizionano il nostro quotidiano.

La conseguenza di questo, per alcuni, è stato il sopraggiungere di un senso di impotenza rispetto al cambiamento, imposto ma necessario, alle nostre aree di libertà e di gestione del quotidiano. Quali programmi? Quale progettualità? Quale futuro?

In questo momento di isolamento sopraggiungono alcune domande: Sarà possibile riprendere una vita normale? Riusciremo ad abbracciarci? Quale sarà il livello della crisi economica? Riusciremo a superare la sofferenza per la scomparsa di una persona cara? Il mondo tornerà quello di prima? Ogni persona potrà rispondere a queste domande a seconda della propria storia, delle proprie risorse e del network personale.

Potrebbero emergere altri effetti a lungo termine: l’isolamento coatto potrebbe diventare auto-isolamento, si potrebbero continuare a evitare le relazioni, i viaggi, la socializzazione e forse si potrebbe vedere l’altro come un estraneo minaccioso e lontano.

In questo stato d’isolamento si potrebbero sviluppare diverse reazioni inaspettate (leggi come cambiano i disturbi psicologici ai tempi del coronavirus). Per questo motivo è importante rifarsi a fonti di divulgazione delle informazioni ufficiali, in modo da non ricevere notizie confuse o confusive che potrebbero accrescere ulteriormente queste emozioni causate dal coronavirus.

Le emozioni causate dal coronavirus

Ma quali sono le emozioni più comuni, normali, ma anche affrontabili legate a questo momento?

  • Ansia legata alla paura di poter contrarre l’infezione da Covid-19, ma anche di un suo eventuale ritorno una volta che tutto sarà terminato.
    L’ansia potrebbe inoltre essere legata:

    • alle preoccupazioni lavorative ed economiche,
    • all’incertezza dell’andamento della situazione,
    • all’isolamento sociale,
    • alla preoccupazione per le persone care,
    • al non comprendere completamente che cosa stia accadendo,
    • ai numeri del contagio e delle morti e all’impossibilità di avere delle risposte certe e chiare.
  • Angoscia e attacchi di panico relativi a uno stato d’ansia che diventa più acuto e imprevedibile perché correlato a pensieri catastrofici che perdono di aderenza con la realtà e con ciò che sta accadendo.
  • Rabbia per l’impotenza e l’impossibilità di essere d’aiuto, per le limitazioni alla vita quotidiana, per il possibile crollo delle progettualità.
    Questa rabbia può diventare così acuta e fuori dal nostro controllo da aumentare anche gli stati di ansia e panico o da portare ad atti impulsivi, autoaggressivi o eteroaggressivi.
  • Senso di Colpa percepito sia da chi ha contratto il COVID-19 per la paura di poter aver contagiato gli altri sia per la “sindrome del sopravvissuto”: perché io no e gli altri sì o per non aver la possibilità di essere d’aiuto alle categorie sono in prima linea nell’aiutare e salvare le persone.
  • Lutti e perdite che sono avvenuti a causa del COVID-19 o durante questo periodo, ma per altre ragioni.
    Lo stato d’emergenza in cui siamo non ci permette di stare con le persone care che hanno contratto il virus né, tanto meno, di aver accesso a tutta quella ritualità che da sempre accompagna la morte.
    La solitudine di chi soffre le perdite, di chi si prende cura dei pazienti negli ospedali e, in particolare, nelle terapie intensive di chi ha perso un proprio caro o di chi ogni giorno vede persone morire, lascia tracce indelebili che in questo momento non possono essere curate.
    Sarà importante nel futuro permetterci di trovare il modo di aver accesso a queste tracce indelebili per affrontarle ed elaborarle.

È importante sapere che provare tali emozioni causate dal coronavirus è normale in questo momento di estrema gravità e complessità, potrebbe essere d’aiuto parlarne con qualcuno affinché la rabbia, la paura, lo sconforto e il dolore possano trovare un luogo in cui essere ascoltate e affrontate.

Dott.ssa Alessia Bongianino e dott.ssa Micaela Russo


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