Esistono storie d’amore tra paziente e psicologo?
Quando si parla della relazione psicologo e paziente, sicuramente diverse domande vengono alla mente. Questa relazione è una di quelle che desta maggior curiosità per certi versi, oltre che tanti pregiudizi: una domanda che spesso ci poniamo o ci siamo posti è proprio questa: “ma possono esistere delle storie d’amore tra paziente e psicologo?”
Innamorarsi dello psicologo: cosa dice la deontologia?
Poco fa ci siamo posti una domanda che in tanti, in realtà, si fanno: quando pensiamo alla relazione paziente-psicologo, sicuramente associamo a questa la parola cura, ascolto empatico, alleanza terapeutica e non sbagliamo. Questa relazione si basa su tutti questi elementi. Eppure, può accadere anche altro, ovvero che il paziente s’innamori del proprio terapeuta.
Insomma, le storie d’amore tra paziente e psicologo sono un’eventualità possibile proprio perché si parte dall’instaurarsi di un’empatia che spesso si crea in un setting di questo tipo e che come detto è la base di una relazione terapeutica.
Quando parliamo di eventualità, sottolineiamo il fatto che non si tratta necessariamente di un passo obbligato e questo lo si può evincere dal codice deontologico degli psicologi e nello specifico dall’articolo 28 in cui è chiaramente specificato che “…Costituisce grave violazione deontologica effettuare interventi diagnostici, di sostegno psicologico o di psicoterapia rivolti a persone con le quali (lo psicologo) ha intrattenuto o intrattiene relazioni significative di natura personale, in particolare di natura affettivo-sentimentale e/o sessuale. Parimenti costituisce grave violazione deontologica instaurare le suddette relazioni nel corso del rapporto professionale.”
Cosa significa questo? Che lo psicologo non può intrattenere relazioni sentimentali o sessuali con i propri pazienti, dal momento che è eticamente in contraddizione con quello che presuppone la professione dello psicologo e il suo codice. Questa “regola” vale anche quando questo rapporto si conclude: lo psicologo, per il ruolo assunto nei confronti del proprio paziente, non può successivamente intrattenere rapporti di altra natura con quest’ultimo.
Secondo elemento importante: transfert
Fin’ora dunque abbiamo chiarito il perché, deontologicamente parlando, non sia possibile una storia d’amore tra paziente e psicologo. Ora però affrontiamo un altro aspetto che può aiutarci a capire meglio il perché questa “storia” non ha e non avrebbe senso di esistere.
Parliamo del transfert: questo elemento è comune a qualsiasi tipo di psicoterapia e si verifica quando il paziente attua delle proiezioni sul proprio terapeuta che possono dipendere dalla modalità del colloquio e dalle sue esperienze personali passate da cui, come sappiamo, dipendono le aspettative che ci creiamo nei rapporti che intratteniamo.
In un rapporto come quello che stiamo presentando però mancano delle dinamiche importanti: vi è assenza di reciprocità. Perché?
Perché il terapeuta non racconta di sé al paziente, cosa che invece fa il paziente, il quale spesso va in terapia proprio per lavorare sulle sue relazioni interpersonali e su aspetti che possono essere rivissuti con il proprio psicologo. In tutto questo, il transfert del paziente può variare in relazione al paziente: per esempio alcuni tendono a sfidare il paziente, altri lo percepiscono come oggetto di amore.
Questo ci fa capire come tra i fenomeni di transfert faccia parte anche quello di innamorarsi del proprio terapeuta. Il paziente può dunque aver bisogno di vivere nella relazione con lo psicologo questo amore e ciò deve essere considerato dallo psicologo stesso, secondo un’ottica di promozione del benessere del paziente stesso.
Spesso è proprio chi ha alle spalle delle relazioni abusanti o ambigue ad avere un’attrazione di questo tipo verso il proprio terapeuta.
Solitamente, questa è una fase passeggera che può mettere alla luce le dinamiche psicologiche del paziente stesso che può voler infatti sperimentare una relazione sicura in cui non ci sia sopraffazione, o abuso, ad un livello inconscio e lo psicologo deve poter e saper gestire tutto questo.
Ovviamente, se non è passeggera questa fase, è opportuno non proseguire la terapia e magari inviare il paziente da un altro psicologo.
Il paziente: cosa deve fare?
Se ci si sente innamorati del proprio psicologo bisognerebbe riflettere su questi aspetti:
- potrebbe essere un’idealizzazione, poiché non sappiamo nulla dell’altro;
- è importante capire che le attenzioni che si ricevono sono di natura professionale;
- le relazioni con il proprio terapeuta non sono ammissibili;
- se si ha di fronte uno Psicologo che ha fatto delle chiare avances, bisogna denunciare all’Ordine degli Psicologi;
- parlarne con lo Psicologo se questo riesce a mantenere un atteggiamento corretto.
Come abbiamo visto, dunque, l’innamoramento verso il terapeuta è una forma di transfert.
Per concludere l’argomento, riportiamo il pensiero di Erich Fromm, il quale ha affermato che spesso il paziente vede nel terapeuta un angelo che sa ascoltarlo e capirlo, un essere onnipotente a cui affidarsi: analizzare questo è utile e fondamentale, proprio per osservare il rapporto che il paziente ha con il resto del mondo.
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