Quarantena: come gestire gli effetti psicologici

Quarantena: come gestire gli effetti psicologici

Quarantena ed analisi degli effetti psicologici: cosa ci dice la letteratura scientifica.

Per quarantena si intende la separazione e la restrizione del movimento di persone che sono state potenzialmente esposte a malattie contagiose per accertarsi che, in caso di successivo sviluppo di sintomi, sia ridotto il rischio di infezione per altri individui [1]. Sebbene tale termine sia spesso usato in modo interscambiabile con l’isolamento, occorre precisare che, con quest’ultimo, viene intesa la separazione fra le persone che hanno ricevuto una diagnosi conclamata di malattia contagiosa da coloro che non riportano alcuna patologia [2].

Nella letteratura inerente la valutazione della salute mentale degli individui esposti a disastri naturali, è stato ampiamente dimostrato come, a seguito dell’evento traumatico, è possibile i sopravvissuti si sviluppino disturbi psicologici come il disturbo da stress post-traumatico (PTSD), depressione, disturbo d’ansia generalizzato, attacchi di panico e abuso di sostanze [3][5].

Alcuni studi si sono proposti di valutare la salute mentale di persone sopravvissute a malattie infettive [3] e altri lavori hanno posto maggiormente l’accento sugli effetti psicologici legati alla quarantena [6]. In tutti questi studi, emerge chiaramente come la quarantena obbligatoria rappresenti un forte distress per chi la vive, tale da essere predittiva per il successivo sviluppo di psicopatologie, sia negli adulti che nei bambini [7]-[9]. (Scopri il tuo livello di stress)

Tali sintomi inoltre, laddove sviluppati, sembrano persistere anche a seguito della quarantena. A tal proposito, un interessante studio del 2016 ha comparati gli outcome psicologici durante un periodo di isolamento della durata 15 giorni, con un follow up a quattro e a sei mesi [3].

Da una prima valutazione, chi era stato isolato riportava la presenza di ansia e rabbia: nello specifico, le persone riportavano per il 7.6% sintomi ansiosi  e per il 16.6% rabbia durante il periodo di isolamento, con una persistenza della stessa sintomatologia, rispettivamente, nel 3.0% e nel 6.4% dei casi a distanza di sei mesi.  Altri lavori avvalorano i possibili effetti a lungo termine della quarantena evidenziando, a distanza di tre anni dall’esplosione della SARS, abuso di alcool e sintomi di dipendenza negli operatori sanitari [10], evitamento [11] e cambiamenti comportamentali persistenti [12].

Dalla fine del 2019, il termine quarantena viene frequentemente utilizzato per la malattia da Coronavirus (COVID-19). Attualmente il COVID-19, a causa dell’elevata contagiosità, rappresenta una delle principali sfide per il sistema sanitario, acquisendo le caratteristiche di pandemia mondiale. In assenza di un vaccino e al fine di limitarne la diffusione, il COVID-19 ha determinato la necessità di imporre severe misure restrittive sulla popolazione, di cui un vero e proprio distanziamento sociale [13]. Ad oggi, anche per le persone e le famiglie libere dal virus, la condizione di quarantena rappresenta un importante fattore di stress [13].

Quest’ultimo, secondo gli studi, appare essere collegato a numerosi fattori, di cui: durata della quarantena, paure legate all’infezione, frustrazione e noia, difficoltà nel procurarsi i beni di prima necessità, problemi finanziari e stigma legato alla malattia [6]. Per ulteriori approfondimenti di alcuni di questi temi, si rimanda a letture più approfondite.

Come gestire le conseguenze psicologiche della quarantena?

Analizzando le emozioni che più frequentemente si associano alla quarantena forzata, è innegabile come quest’ultima abbia determinato un brusco cambiamento esistenziale: si sono rotti degli equilibri, sono venute meno delle libertà personali e, in modo del tutto improvviso ed impreparato, ha determinato per tutti noi il confronto con qualcosa di sconosciuto e di spaventoso. Ha reso tutti cristallizzati nel qui ed ora, in un tempo che è soggettivamente dilatato. Che tutto ciò abbia provocato, e provochi a tutt’oggi, conseguenze psicologiche non deve dunque stupire.

Nessuno ci ha preparato a vivere una pandemia ed è normale che tale condizione provochi smarrimento e difficoltà nell’accettare che quanto sta avvenendo sia vero.

Consapevolezza

Per prima cosa, occorre innanzitutto consapevolezza. Può essere utile infatti informarsi e caratterizzare bene il fenomeno in corso attraverso fonti adeguate, come:

La ricerca di una maggiore consapevolezza rispetto a ciò che stiamo vivendo deve però anche sapersi dare un limite: non è possibile pensare di centrare la maggior parte del proprio tempo su un solo tema in modo totalizzante. Questo, infatti, rischia di essere controproducente in quanto paralizzante. A tal proposito, può essere utile definire degli spazi di tempo opportuni da dedicare all’informazione e all’aggiornamento della situazione in atto.

Quotidianità

Le linee guida ci forniscono l’indicazione di creare una quotidianità, ma perché? Alcuni studi si sono proposti di caratterizzare il tipo di influenza che i comportamenti routinari hanno sulla vita delle persone. Dall’analisi di questi lavori, è emerso come una routine ben strutturata favorisca sensazioni di sicurezza, fiducia e benessere in molti aspetti della vita personale [14].

Gestione della noia

A fianco del noto consiglio di svolgere attività piacevoli per distrarsi durante il periodo di quarantena, occorre tuttavia citare uno stato psicologico la cui manifestazione può essere frequente in questo momento: la noia. Occorre dunque considerare come la noia faccia parte della nostra esistenza, sebbene oggi il suo peso sembri maggiore.

Caratterizzandola meglio, essa si tratta di uno stato psicologico di demotivazione, temporanea o duratura, che nasce dall’assenza di azione, dall’ozio o dall’essere impegnato in un’attività prolungata di stimoli esperiti come ripetitivi o monotoni o, comunque, non del tutto confacenti alle proprie inclinazioni e capacità.

Dunque, in un momento come questo di restrizioni delle nostre possibilità di azione, è più che plausibile provare momenti di noia e, sebbene accada spesso di confondere quest’ultima con altre emozioni più negative, ora più che mai è di estrema importanza chiamarla con il giusto nome.

L’adattamento

Sebbene la consapevolezza riflessiva di quanto avviene possa essere d’aiuto, questa tuttavia non sempre è sufficiente. Infatti un’altra risorsa che viene qui richiesta è quella dell’adattamento, con la conseguente apertura di nuovi spazi di manovra. Non è infrequente osservare delle oscillazioni emotive in questo periodo: alcuni giorni passano in modo rapido ed indolore, altri invece possono essere caratterizzati da ansia, tono dell’umore deflesso e nostalgia.

Ancora una volta, la presenza di giorni positivi e giorni negativi fa parte del normale processo esistenziale ma, in un momento come questo, tali osservazioni sono ulteriormente più comprensibili in quanto facenti parte di un processo di adattamento e riposizionamento ad una circostanza esistenziale difficile. Non è possibile pensare di eliminare i momenti negativi dalla nostra esistenza: se ci sono e ne fanno parte, significa che assumono un valore, cui significato va compreso.

La gestione della paura

Un’altra emozione che caratterizza la pandemia e le restrizioni sociali è la paura. Paura del contagio, paura di come sarà il domani, paura della ripresa lavorativa, paura di restare soli. Tanti degli avvenimenti che si stanno verificando in questa fase sono a tutt’oggi ignoti. La paura è un meccanismo di difesa attivo nei confronti dei pericoli alla sopravvivenza dell’individuo.

Dunque, anch’essa è una normale emozione facente parte della nostra esistenza: questo implica che debba essa essere caratterizzata, compresa e accolta. In questo momento critico tuttavia, è fondamentale che la paura sia contrastata dall’adesione a delle specifiche norme comportamentali imposte ai fini della tutela di se stessi e degli altri.

Come scritto sopra, la condizione esistenziale in cui ci troviamo determina una contrazione nel presente, nel qui ed ora. Dunque, è verosimile che a fianco della paura sia viva una sensazione di incertezza e di angoscia, dettata invece dall’impossibilità dell’attuarsi di progetti (es. la possibilità di riprendere il normale funzionamento quotidiano, riprendere l’attività lavorativa, poter trascorrere tempo con parenti e amici, etc) e dalla possibile mancanza di quelle alterità (es. lavoro) che da sempre contribuiscono a mantenerci stabili.

Anche tutto questo è normale: l’essere umano esiste in funzione di questa o quella progettualità e può sentirsi meno stabile in assenza di ciò che lo mantiene su un piano strutturale di identità. Dunque una fase di stop come quella in corso comprensibilmente può provocare delle conseguenze psicologiche negative. È importante, in tal senso, ricordarsi che questa fase, seppur dolorosa e difficile da accettare, è comunque transitoria. In momenti di profonda agitazione, è sempre utile concedersi un piccolo momento di serenità, identificando e svolgendo un’attività piacevole e concretamente realizzabile.

Per concludere, è interessante proporre un’ultima riflessione: cosa succederà dopo questa quarantena?

Le emozioni negative rispetto al futuro, a tal riguardo, possono essere variegate e profonde. Tuttavia, occorre tener presente come l’unica verità sia che non possiamo saperci dare questa risposta a priori. Ne consegue allora l’importanza di identificare questi quesiti come dettati da una comprensibile ansia anticipatoria, cercando di attingere a razionalità e a realismo, restando ben ancorati nel presente. Ogni problema esistenziale può essere affrontato solo e soltanto sul momento, con le risorse di cui disponiamo.

Bibliografia

  1. Centers for Disease Control and Prevention. Quarantine and isolation. 2017. https://www.cdc.gov/quarantine/index.html (accessed Jan 30, 2020).
  2. Manuell, M. E., & Cukor, J. (2011). Mother Nature versus human nature: public compliance with evacuation and quarantine. Disasters, 35(2), 417-442.
  3. Jeong, H., Yim, H. W., Song, Y. J., Ki, M., Min, J. A., Cho, J., & Chae, J. H. (2016). Mental health status of people isolated due to Middle East Respiratory Syndrome. Epidemiology and health, 38.
  4. Acierno, R., Ruggiero, K. J., Galea, S., Resnick, H. S., Koenen, K., Roitzsch, J., … & Kilpatrick, D. G. (2007). Psychological sequelae resulting from the 2004 Florida hurricanes: implications for postdisaster intervention. American journal of public health, 97(Supplement_1), S103-S108.
  5. Norris, F. H. (2005). Range, magnitude, and duration of the effects of disasters on mental health: Review update 2005. Res Educ Disaster Ment Health, 1-23.
  6. Brooks, S. K., Webster, R. K., Smith, L. E., Woodland, L., Wessely, S., Greenberg, N., & Rubin, G. J. (2020). The psychological impact of quarantine and how to reduce it: rapid review of the evidence. The Lancet.
  7. Bai, Y., Lin, C. C., Lin, C. Y., Chen, J. Y., Chue, C. M., & Chou, P. (2004). Survey of stress reactions among health care workers involved with the SARS outbreak. Psychiatric Services, 55(9), 1055-1057.
  8. Wu P, Fang Y, Guan Z, et al. The psychological impact of the SARS epidemic on hospital employees in China: exposure, risk perception, and altruistic acceptance of risk. Can J Psychiatry 2009; 54: 302–11.
  9. Sprang, G., & Silman, M. (2013). Posttraumatic stress disorder in parents and youth after health-related disasters. Disaster medicine and public health preparedness, 7(1), 105-110.
  10. Wu, P., Fang, Y., Guan, Z., Fan, B., Kong, J., Yao, Z., … & Hoven, C. W. (2009). The psychological impact of the SARS epidemic on hospital employees in China: exposure, risk perception, and altruistic acceptance of risk. The Canadian Journal of Psychiatry, 54(5), 302-311.
  11. Marjanovic, Z., Greenglass, E. R., & Coffey, S. (2007). The relevance of psychosocial variables and working conditions in predicting nurses’ coping strategies during the SARS crisis: an online questionnaire survey. International journal of nursing studies, 44(6), 991-998.
  12. Cava, M. A., Fay, K. E., Beanlands, H. J., McCay, E. A., & Wignall, R. (2005). The experience of quarantine for individuals affected by SARS in Toronto. Public Health Nursing, 22(5), 398-406.
  13. Van Bavel, J. J., Boggio, P., Capraro, V., Cichocka, A., Cikara, M., Crockett, M., … & Ellemers, N. (2020). Using social and behavioural science to support COVID-19 pandemic response.
  14. Avni‐Babad, D. (2011). Routine and feelings of safety, confidence, and well‐being. British journal of Psychology, 102(2), 223-244.

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