Perché fare paragoni con gli altri?

Perché fare paragoni con gli altri?

Spesso ci capita di fare paragoni tra la nostra vita e quella degli altri: quando è stata l’ultima volta che l’avete fatto? Non temete, questa è una cosa naturale che facciamo più o meno tutti.

“L’autostima è la valutazione positiva o negativa che una persona può fare di se stessa.
L’autovalutazione può comportare degli errori visto che nell’autovalutarsi l’individuo oscilla tra due bisogni:
quello di conoscersi e quello di piacersi e non è detto che i due bisogni siano in equilibrio tra loro.”

Dottoressa Patrizia Mattioli, psicologa, psicoterapeuta cognitivo comportamentale

 

Fare paragoni è normale: il paragone può diventare deleterio, però, quando da questo ne usciamo puntualmente sconfitti.

Ma come “vincere” finalmente?

Cerchiamo di capirlo qui di seguito.

Il meccanismo del “paragonarsi agli altri”

Quante volte abbiamo paragonato il nostro lavoro a quello di una nostra amica? O ancora, quante volte abbiamo paragonato una nostra performance a quella di un’altra persona? A tutti noi sarà capitato, almeno una volta nella vita, di farlo: semplicemente perché questo è un meccanismo inevitabile.

Insomma, è anche attraverso questo processo che conosciamo noi stessi e costruiamo la persona che vorremmo essere.

Il problema dov’è allora? Nel sentirsi sempre un passo indietro, nel sentirsi sempre “meno” rispetto al proprio metro di paragone. Avete presente quando gli altri vi sembrano più belli, più carismatici, migliori?

Ecco, mi riferisco proprio a questo: in questi casi il meccanismo del paragone da processo naturale diventa un ostacolo, soprattutto per la costruzione della nostra autostima.

Perché ci troviamo a fare paragoni con gli altri?

Alla domanda perché sia naturale paragonarsi agli altri, la dottoressa Patrizia Mattioli, psicologa, psicoterapeuta cognitivo comportamentale ha risposto così:

«Una tendenza comune è quella di paragonarsi agli altri per avere un criterio di riferimento con cui valutare le proprie prestazioni, qualità, capacità. La tendenza a confrontarsi non è di per sé negativa, bisogna però vedere con chi ci si confronta. Si tratta di una pratica finalizzata alla valutazione della propria persona, che serve a capire a che punto ci si trova, se è possibile migliorare e come, ispirandosi alle vite degli altri. A essere nocivo non è quindi il paragone in sé, ma il modo e la finalità che soggiacciono al confronto, e, non da meno, i soggetti scelti».

Insomma il meccanismo del paragone può essere nocivo nella misura in cui nociva è la modalità del confronto: se ci paragoniamo agli altri per dire a noi stessi che sono più avanti di noi, è naturale avvertire un senso di inadeguatezza, soprattutto se ci si “confronta” con la persona sbagliata.

In questi casi l’altro, più che un termine di paragone, diventa uno strumento grazie al quale regolare la propria autostima.

Ma qual è dunque il modo giusto per paragonarsi agli altri?

Due modi di paragonarsi agli altri

Sicuramente, il paragone può essere un valore aggiunto, ma solo se ci porta a migliorarci, se per esempio fare paragoni con gli altri ci aiuta a fare sempre meglio. In questi casi il confronto, poiché ci aiuta a capire cosa davvero dobbiamo migliorare di noi e quali obiettivi vogliamo raggiungere, è costruttivo.

Se, invece, il fare paragoni con gli altri ci porta a nutrire sentimenti di insicurezza e d’invidia, allora siamo in presenza di un paragone distruttivo, perché ci spoglia delle nostre energie e della nostra motivazione.

Come smettere di fare paragoni distruttivi?

Come abbiamo visto sin’ora, spesso il problema non è il paragone che facciamo tra noi e gli altri, ma il modo in cui lo agiamo, un modo questo che non può che dipendere dal nostro grado di autostima, ovvero dalla percezione che abbiamo di noi.

Questo significa che per smettere di fare paragoni distruttivi, dobbiamo innanzitutto annaffiare questo fiore: dobbiamo lavorare su noi stessi, smettendo di concentrarci sugli altri: solo così potremo riuscire a sentirsi capaci e ad apprezzare e riconoscere le capacità altrui, che non saranno più lo strumento in base al quale regolare il nostro valore, ma una fonte di ispirazione per fare meglio.

Per fare questo seguite questi piccoli suggerimenti: prendete consapevolezza del fatto che ognuno di noi ha la propria strada e che i tempi di arrivo sono diversi e dipendono dalle nostre scelte personali.

Prima di lasciarvi abbattere da paragoni che non possono far altro che “attaccare” la vostra autostima, ponetevi queste domande:

È importante per me?

Quando vi sentite meno rispetto ad un’altra persona perché ha la macchina più bella della vostra, chiedetevi: “ma io davvero spenderei tutti questi soldi per una macchina o potrei spenderli per qualcosa di più importante per me?”

Insomma, date peso alle vostre prospettive: magari acquistare una macchina è l’ultima della vostre priorità ed il vostro vicino probabilmente ha lavorato una vita per acquistarla.

Dove sono diretto?

La risposta a questa domanda farà luce su diversi aspetti, poiché prenderete consapevolezza del fatto che alcune cose le volete davvero, altre magari le desiderate perché le hanno gli altri o non le desiderate minimamente.

Cosa ho ottenuto fin’ora? 

Provate a rispondere anche a questa domanda, ma con estrema sincerità e obiettività, senza paragonarvi ad un’altra persona.

D’altronde, le persone con cui ci relazioniamo sono diverse, hanno ambizioni diverse, dunque l’unico paragone che ha senso fare è quello con noi stessi, con ciò che siamo stati e con ciò che vorremmo diventare.


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