Non riuscire a piangere: è normale?
Quante volte vi siete chiesti “perché non riesco a piangere”? Quante volte avreste voluto farlo, ma non ci siete riusciti? Spesso accade proprio questo, vero? Ma perché?
Piangere: il valore del pianto
Nella vita, spesso, accadono eventi che possono portarci a stare male e a piangere: un lutto, una separazione, una perdita, per esempio, essendo fonte di sofferenza possono portarci al pianto e dunque a versare lacrime. In questo caso parliamo dunque di lacrime legate ad un’emozione o a delle emozioni, che includono tristezza, angoscia.
D’altronde, nel lutto, il pianto è un aspetto fondamentale per poter elaborare quello che è successo. A volte, però, piangiamo per la gioia: quante volte ci è capitato di essere così felici tanto da piangere? La stessa cosa accade quando ridiamo tanto: sarà capitato anche voi di piangere per il troppo ridere. Le lacrime possono, dunque, emergere a causa di un’emozione o di diverse emozioni.
Nei bambini, le lacrime, per esempio, hanno il ruolo cruciale di sollecitare l’attenzione e la cura da parte delle figure d’accudimento (Trimble, 2012).
Non riuscire a piangere: perché?
In un caso o nell’altro, le lacrime dunque possono fungere da spia per segnalare qualcosa, possono aiutarci a gestire stress e tensioni accumulate e ci permettono di sfogarci, quando appunto siamo sopraffatti dal dolore.
Di fronte ad un evento doloroso inizialmente proviamo incomprensione. La rabbia subentra in un secondo momento. Le lacrime, solitamente, emergono ancora dopo, quando subentra lo sconforto e abbiamo bisogno di sfogarci. Eppure spesso ci capita di non riesciure a piangere: perché accade questo?
A questa domanda possiamo rispondere tenendo in considerazione diversi aspetti, poiché non vi è una risposta definitiva.
Alla base di quest’incapacità può esserci un vero problema fisico: alcune persone non riescono a farlo proprio a causa di una malattia autoimmune che porta ad una secchezza dei dotti lacrimali e, dunque, all’incapacità di produrre lacrime.
Parliamo di una vera e propria sindrome definita “Sindrome di Sjogren”. Volendo tralasciare questa possibilità, esistono anche altre motivazioni che potrebbero e possono spiegare quest’incapacità, ovvero c’è chi non riesce a piangere, perché interpreta un problema in diverso modo da chi magari scoppia in lacrime.
Proprio perché siamo diversi, possiamo reagire in modo diverso ad una stessa situazione o, addirittura, possiamo piangere di fronte ad un evento “meno grave” e non farlo di fronte ad un lutto.
Anche qui dipende tutto da come interpretiamo l’evento e dalla personalità dell’individuo stesso.
Chi, per esempio, ha più self control e cerca di analizzare le cose, può impiegare più tempo per piangere o non farlo proprio. Non riuscire a piangere spesso caratterizza quelle persone che vedono nelle lacrime un segno di debolezza.
Di solito, questa è una visione che emerge nel contesto in cui si vive e si cresce, un contesto in cui s’impara “che è meglio stare in silenzio che piangere e lasciarsi andare alle proprie emozioni”, come se questo sia sinonimo di forza.
Alcuni bambini, per esempio, imparano ad inibire le proprie emozioni, fino a diventare bravi nel nasconderle e quasi a non “sentirle più”, perché magari crescono in una famiglia che nega il pianto, poiché considerato come segno di vulnerabilità.
Frasi del tipo “non devi piangere” possono lasciare delle profonde ferite e portare a lungo andare all’incapacità di farlo. Tutto questo non può che essere deleterio, poiché può portare, come detto, alla comparsa di ferite emotive che possono a loro volta avere delle ripercussioni sulla salute mentale del soggetto.
Benefici del pianto
Se non riuscire a piangere può segnalarci che qualcosa non va, al contrario, piangere, per quanto possa sembrare paradossale, fa bene: quando piangiamo ci sentiamo calmi, proprio perché ascoltiamo la nostra emozione. Alcuni studi affermano che, quando piangiamo, si attiva il nostro sistema nervoso parasimpatico che è proprio quello che aiuta a rilassarci.
Quando piangiamo, inoltre, possiamo ottenere il supporto altrui: basta far riferimento al fatto che nei bambini le lacrime fungono da segno di richiamo e di attenzione.
Questo vale anche per gli adulti.
All’inizio dell’articolo abbiamo messo in rilievo il fatto che, grazie al pianto, riusciamo a gestire il nostro dolore: questo avviene perché quando piangiamo rilasciamo alcuni ormoni come l’ossitocina e l’endorfina che come sappiamo sono delle sostanze che ci fanno stare bene, anche dal punto di vista dell’umore.
Il pianto è fondamentale: grazie ad esso riusciamo a riconoscere le nostre emozioni, ad ascoltarci e a stare meglio.
Come abbiamo visto, però, non tutti riescono a farlo e le motivazioni possono essere di diverso tipo: fisiologiche, psicologiche e sociali.
Dovremmo recuperare il valore del pianto, come un qualcosa che ci rende più forti: negare il pianto significa negare le nostre emozioni, ma le nostre emozioni chiedono solo di vivere e di fluire liberamente, altrimenti in un modo o nell’altro torneranno a farsi sentire.
Meglio accoglierle o no?
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