Da alcuni anni, l’Unità di ricerca in “Psicologia Sperimentale e Scienze Cognitive”, attiva presso il Dipartimento di Psicologia dell’Università degli Studi di Palermo, ha avviato numerose ricerche mirate all’esplorazione della robotica applicata all’apprendimento.
In particolare, sono stati avviati laboratori sperimentali di robotica educativa in alcune scuole e università siciliane, utilizzando i robotics construction kits, scatole high tech che contengono tutti gli elementi hardware (mattoncini, ruote, ghiere) e software(interfaccia di programmazione) per realizzare organismi artificiali capaci di interagire nell’ambiente (p.e. LEGO® Mindstorms). Configurandosi come giocattoli ispezionabili i robot permettono, infatti, di “entrare dentro” i meccanismi di costruzione e montaggio fino ad arrivare a quelli di programmazione del comportamento (Ackermann, Chioccariello, Manca, Sarti, 2002).
Durante tale processo, la costruzione/de-costruzione/ri-costruzione del robot, nonché la programmazione/de-programmazione/ri-programmazione del suo comportamento, secondo i continui feedback ricevuti dall’ambiente, consentono ai “progettisti” di esercitare ed incrementare varie complesse abilità cognitive.
Le nostre ricerche hanno dimostrato che la sperimentazione creativa di tecnologie robotiche non solo promuove negli utenti una maggiore motivazione all’apprendimento, ma offre anche un valido supporto o per il passaggio dall’astratto al concreto (e viceversa; Papert, 1991) e per lo sviluppo di nuove competenze cognitive.
In particolare, i nostri studi hanno evidenziato che l’interazione con i robot favorisce lo sviluppo di abilità visuo-costruttive e di ragionamento (Caci, D’Amico, Cardaci, 2002; Caci, D’Amico, 2002). Le prime sono particolarmente esercitate durante il processo di assemblaggio del robot, che richiede sia la scoperta (discriminazione percettiva) del mattoncino “esatto” (per forma, colore, dimensione) all’interno dell’insieme variegato dei pezzi hardware del kit, sia il suo corretto inserimento nel corpo del robot.
Le abilità di ragionamento sono invece coinvolte nella programmazione dei comportamenti del robot, basata non tanto sulla adozione di rigide soluzioni normative (Asimow, 1962), quanto sulla realizzazione e sulla continua revisione degli algoritmi in funzione dei feedback (positivi e negativi) forniti dall’interazione robot/ambiente (Turkle e Papert, 1990). L’esperienza con i robot non è tuttavia circoscritta solo ai processi cognitivi “freddi”, se è vero che essa mette in gioco fondamentali elementi di fantasia, divertimento e inventiva.
Nei partecipanti emerge in tutta la sua pregnanza il pensiero narrativo (Smorti, 1994), che li induce a trattare l’artefatto non come un semplice automa stimolo-risposta, ma come un vero e proprio organismo “vivente”, dotato di una “storia”, di una “personalità”, di “emozioni” e di “stati mentali” (Caci, 2004; Cardaci, Caci, D’Amico, 2003). In tal senso, pensare il robot, si trasforma in un pensare con il robot.
In linea con i recenti avanzamenti nel settore dell’Affective Computing (Picard, 1998), tali considerazioni ci portano a ritenere la robotica una nuova ed interessante frontiera per il lavoro dello psicologo (Caci, D’Amico, Cardaci, 2004), con importanti potenzialità nell’area della riabilitazione di soggetti caratterizzati da varie forme di disabilità cognitiva e affettiva (Caci, D’Amico, 2005).
Intervista
Di seguito vi proponiamo una breve intervista a Barbara Caci, Dottore di ricerca in Psicologia Generale e Clinica.
Attualmente svolge attività di ricerca presso il Dipartimento di Psicologia dell’Università degli Studi di Palermo occupandosi dei correlati psicologici delle nuove tecnologie (robotica, Web Psychology).
Piero D’Oro: Cosa pensa in merito a quella che viene oggi definita la generazione digitale ed in che modo la robotica si può inserire in questo contesto?
Prof. ssa Barbara Caci: Il concetto di generazione digitale è molto interessante perché evidenzia il fatto che esiste una nuova generazione di utenti, cresciuta a partire dagli anni novanta e abituata, sin dalla nascita, ad interagire in un ambiente fortemente digitalizzato. In tale panorama, la robotica educativa, così come è stata tradizionalmente intesa nella letteratura e come l’abbiamo utilizzata noi negli esperimenti condotti nel territorio siciliano, pur rientrando nell’area delle tecnologie digitali, sembra giocare un ruolo marginale. Tuttavia, l’interazione con i robot ha vantaggi non indifferenti per le nuove generazioni di utenti. A differenza degli ambienti digitali, nei quali il soggetto svolge un ruolo più da fruitore che da utilizzatore attivo, la robotica educativa si fonda sulla manipolazione diretta e concreta di elementi hardware (i mattoncini LEGO) e software (i blocchi di programmazione), al fine di costruire e successivamente programmare un robot “intelligente”. Dal punto di vista del singolo utente, l’interazione con i robot crea quindi un contesto di apprendimento ludico, altamente motivante, nel quale l’individuo attiva processi di riflessione, consapevolezza e auto-valutazione delle proprie strategie di apprendimento. Allo stesso tempo, l’introduzione nei contesti scolastici della robotica educativa sottoforma di laboratori di robotica ha permesso di creare ambienti di apprendimento basati su attività di problem-solving, risolvibili attraverso la collaborazione di più individui che perseguono un obiettivo comune. Da questo punto di vista, la robotica ha l’intrinseco vantaggio di offrire agli utenti un luogo nel quale imparare a negoziare il proprio punto di vista con quello degli altri, e dove esercitare stili decisionali che tengano conto delle molteplici differenze di opinione. In tal senso, il percorso di apprendimento che la robotica educativa propone non rappresenta l’esito del singolo individuo che apprende, ma risulta dall’insieme dei processi di interazione sociale di tipo collaborativo che si realizzano all’interno del gruppo. La conoscenza prodotta, quindi, è di tipo condiviso. In altre parole, mediante la robotica educativa si realizza in pieno quella situazione di edutainment (da education + entertainment), o di “imparare giocando” che, sin dagli anni ottanta, i teorici dell’apprendimento di matrice costruttivista, avevano postulato essere la chiave per la promozione e lo sviluppo di un apprendimento significativo e persistente nel tempo.
Piero D’Oro: Il concetto di imparare giocando secondo lei è un concetto che si può o si potrà estendere anche agli adulti?
Prof. ssa Barbara Caci: Credo che tale concetto non presupponga alcuna differenza riferibile all’età. Il punto di forza della robotica educativa è proprio quello di aver coniugato il gioco con l’apprendimento. Come sottolinea la letteratura psicologica, il gioco ha molteplici funzioni. In primo luogo, esso ha un indiscusso valore ai fini del benessere psicologico. Bambini ed adulti utilizzano il gioco per divertirsi, per alleviare la tensione, per riscoprire la fantasia e così via. Allo stesso tempo, eminenti studiosi, come ad esempio Piaget, hanno sottolineato l’importanza del gioco ai fini dello sviluppo intellettivo. La conoscenza procede infatti attraverso l’interazione ludica con il mondo e i suoi oggetti. Al contempo, attraverso il gioco funzioni quali la memoria, l’attenzione, la concentrazione, il ragionamento, il problem-solving e la presa di decisione sono continuamente esercitate. Parimenti, l’utilizzo del gioco simbolico consente all’individuo, bambino o adulto che sia, di creare specifici setting comportamentali nei quali rivestire i panni di diversi personaggi, sperimentando così le conoscenze, le competenze e finanche le emozioni che quello specifico ruolo presuppone. A ciò, la robotica educativa aggiunge anche una specifica valenza “competitiva” . In tal senso, le “gare tra robot” che spesso vengono utilizzate sia in contesti internazionali specificatamente preposti a ciò, come il circuito della RoboCup, sia in contesti di apprendimento locali, aiutano il bambino a sperimentare il gioco come una realtà altamente coinvolgente e motivante, nella quale è possibile apprendere “rispettando le regole”. In questo modo, le regole non rappresentano mere imposizioni da accettare provenienti dal mondo adulto, ma mezzi necessari per il buon andamento del gioco stesso. Elementi quali l’attenzione, la concentrazione e l’auto-controllo, oltre che il rispetto delle convenzioni sociali, divengono quindi centrali nell’esperienza della robotica educativa.
Piero D’Oro: Che tipo di supporto le nuove tecnologie potranno dare alla pratica della nostra professione?
Prof. ssa Barbara Caci: Lo stanno già offrendo. Le tecnologie digitali hanno dimostrato di essere un valido strumento sia nell’ambito dell’assessment che della riabilitazione psicologica. Già da anni, molti dei tradizionali test carta/matita sono stati sostituiti da software multimediali informatizzati utilizzati sia dagli operatori nella loro pratica clinica sia dai soggetti stessi, che possono auto-somministrarsi tali strumenti per accedere ad una valutazione di vari aspetti del loro funzionamento psicologico. Mi riferisco, ad esempio, ad alcuni strumenti editi da varie case editrici nazionali per la misurazione dell’attenzione, della memoria di lavoro, delle abilità di problem-solving matematico. Recentemente, inoltre, alcune case editrici nazionali offrono agli psicologi, regolarmente abilitati all’esercizio della professione, servizi di assessment online mirati alla valutazione della personalità o del funzionamento intellettivo di base. Similmente, esistono in commercio moltissimi software multimediali per il recupero e/o il potenziamento di abilità cognitive interessate dai cosiddetti Disturbi specifici dell’apprendimento, come la dislessia e la discalculia. Al contempo, sottolineo, i portali che offrono anche servizi di consulenza psicologica a distanza, utilizzando strumenti quali Skype, chat-room o l’email. Per ciò che riguarda più specificatamente la robotica educativa, varie sperimentazioni, condotte in Italia e all’estero, hanno dimostrato che tale strumento è un valido ausilio nell’intervento psico-educativo con soggetti caratterizzati da autismo o da ritardo mentale. Da questo punto di vista, i robot consentono di creare situazioni di interazione bambino-robot facilmente controllabili e gestibili da parte dell’operatore e pertanto è possibile utilizzarli come dei veri e propri “mediatori” per stimolare le carenti abilità comunicative e sociali di tali individui.
Piero D’Oro: Come cambierà il modo di fruire i contenuti psicologici nei prossimi anni?
Prof. ssa Barbara Caci: Ritengo che non si possa prescindere ormai da un cambiamento, già in atto, che vede lo psicologo sempre più coinvolto nell’uso delle tecnologie. Mi consenta di chiudere la nostra intervista con una citazione personale. Nel 2001, quando insieme al Prof. Cardaci abbiamo cominciato ad interessarci allo studio delle tecnologie digitali, abbiamo scritto un capitolo del nostro volume edito da Carocci, intitolandolo proprio Psicologia “in” Internet. In quella sede, fornivamo ai lettori una sorta di mappa preliminare e utili linee-guida e chiavi d’accesso per cominciare ad approfondire l’emergente ciber-psicologia. Da allora ad oggi, molta strada è stata percorsa, e le tendenze attuali non hanno ancora smentito questa nostra iniziale intuizione.
Piero D’Oro: A nome della redazione dell’Osservatorio Psicologia & Tecnologia la ringrazio per la disponibilità ed il tempo che ci ha dedicato.
Dott. Piero D’Oro
Riferimenti bibliografici
- Ackermann, E., Chioccariello, A., Manca, S., e Sarti, L. (2002). Costruire giocattoli cibernetici. Tecnologie Didattiche, 27(3), pp. 46-47.
- Asimow, M. (1962). Introduction to Design, Prentice-Hall, Inc., Englewood Cliffs, NJ.
- Caci B. (2004), Laboratorio di robotica: una palestra per la mente, Proceeding del Congresso Nazionale dell’Associazione Italiana di Psicologia (AIP), Sezione di Psicologia Sperimentale, Sciacca, 2004.
- Caci B., D’Amico A. (2002). Children’s Cognitive Abilities in Construction and Programming Robots. Proceeding of the 11th IEEE International Workshop on Robot and Human Interactive Communication, IEEE Roman 2002, September 25-27 2002, Berlin – Germany, pp. 189-191.
- Caci B., D’Amico A., (2005). Robotics: a new tool for education of subjects with cognitive diseases, in G. Chiazzese, M. Allegra, A. Chifari & S. Ottaviano (Eds.), Methods and Technologies for Learning, WIT Transaction on Information and Communication Technologies, Vol. 34, WIT Press, Southampton (UK), pp. 563-567.
- Caci B., D’Amico A., Cardaci M. (2002). Costruire e Programmare Robots. Resoconto di un’Esperienza Pilota, in Tecnologie Didattiche, 27-3, pp. 36-40.
- Caci B., D’Amico A., Cardaci M., (2004). New frontiers for psychology and education: robotics. Psychological Reports, 94, pp. 1327-1374.
- Cardaci M., Caci B., D’Amico A. (2003). Giocare e Pensare con i Robot. Strategie di problem-solving a confronto. Proceeding Giornata AIP sul Pensiero, Firenze, 12 Giugno.
- Harel I., Papert, S. (1991). Constructionism, Ablex Publishing Corporation, Norwood, New Jersey.
- Leroux, P. (1999). Educational Robotics. International Journal of Artificial Intelligence in Education, 10, pp. 1080-1089.
- Papert, S. (1980). Mindstorms: children, computer, and powerful ideas. Basic Books, New York.
- Papert, S. (1991). Situating Constructionism, in Harel I. and Papert S. (eds) Constructionism, Ablex Publishing Corporation, Norwood, New Jersey, 1991.
- Papert, S. (1993). The Children’s Machine. Rethinking school in the age of computer, Basic Books, New York. (trad. it. I bambini e il computer. Nuove idee per i nuovi strumenti dell’educazione – Rizzoli 1994).
- Piaget, J., Inhelder, B. (1966). La Psychologie de l’enfant , PUF, Parigi (trad. it. La psicologia del bambino, Einaudi, Torino, 1970).
Smorti, A.(1994). Il pensiero narrativo, Giunti, Firenze.
- Turkle, S., Papert, S. (1992). Epistemological pluralism and the revaluation of the concrete. Journal of Mathematical Behavior, 11(1), pp. pp. 3-33.
Fonte: http://formare.erickson.it/wordpress/it/2007/la-robotica-educativa-come-strumento-di-apprendimento-e-creativita/
Nessun commento