Psicoterapia Cognitivo-Comportamentale per disagi emotivi e relazionali
La coscienza dell’essere umano si sviluppa e si manifesta solo all’interno di una o più relazioni. Siamo per nostra stessa natura “progettati” già alla nascita per interagire e comunicare coi nostri simili: ad esempio il pianto del neonato trova la sua ragion d’essere nell’orecchio predisposto degli adulti a lui vicino, che saranno istintivamente portati a fornirgli cure.
Per rendere le relazioni tra gli esseri umani possibili e vantaggiose, l’evoluzione ci ha fornito una mente che è la somma di diversi elementi:
- un insieme di sensazioni somatiche, fisiologiche e organiche;
- il fluire delle emozioni, che servono ad orientarci nel mondo come delle bussole, verso la ricerca di benessere;
- il Pensiero, prerogativa dell’uomo, che ci permette di ordinare i singoli momenti del nostro sentire in un racconto, di narrarlo a noi stessi e agli altri attraverso il linguaggio, di avere aspettative e di dare significati, di rappresentarsi ciò che è intangibile, di avere fede.
Questi elementi prendono forma in modo unico e irripetibile in ogni individuo, e vengono plasmati durante la vita nelle nostre relazioni significative. Ognuno di noi quindi sviluppa un proprio modo di sentire le emozioni e di giudicare ciò che ci succede, e questo influenza come stiamo e ci poniamo in relazione con gli altri, le nostre aspettative e i nostri bisogni.
A volte però certe emozioni diventano troppo intense o dolorose e non riusciamo a regolarle né a gestirle.
A volte il senso che diamo a noi stessi, agli altri o al mondo ci toglie motivazione, speranza di felicità, ci fa sentire in trappola o ci rende troppo stressante la quotidianità.
A volte è il corpo stesso che esprime disagio, con sintomi che non hanno una chiara origine organica, e che sembrano difficilmente curabili con dei farmaci.
A volte le “lenti” che utilizziamo per leggere e rapportarci con il mondo e con gli altri, non ci aiutano a perseguire il benessere e ci creano molta sofferenza.
Ad esempio, ecco alcuni accenni:
- nei Disturbi d’Ansia le persone percepiscono un forte pericolo, non presente e tangibile, bensì misterioso, confuso, avanti nel tempo, ipotetico, ma proprio per questo imprevedibile e incontrollabile. E ciò capita in situazioni di cui “normalmente” le stesse persone non avrebbero paura. Molto spesso i segnali corporei che esprimono l’ansia (tachicardia, sudorazione, respiro affannoso), invece di essere “letti” come espressione di una emozione (paura o ansia appunto), vengono interpretati, spesso in modo inconsapevole e automatico, come segno inequivocabile di un grave malore, della morte prossima o della pazzia imminente. Ecco quindi che quei segnali emotivi che dovrebbero semplicemente comunicarci “c’è qualcosa che non va, fai qualcosa per stare meglio” diventano essi stessi, male interpretati, fonte di paura e agitazione, e la persona è come se pensasse “aiuto, il pericolo è dentro di me, nella mia debolezza!”. Si è instaurato così un circolo vizioso, per cui i segnali di pericolo diventano essi stessi fonte di pericolo, aumentando sempre di più l’ansia, in alcuni casi fino all’Attacco di Panico.
L’unica soluzione diventa l’evitare tutte quelle situazioni che si pensa possano portare agitazione e attacchi di panico, con un restringimento progressivo e sempre più invalidante degli spazi di vita e di autonomia. - Nei problemi di Depressione, solitamente i soggetti iniziano a sviluppare la tendenza a:
- Percepire che il mondo e la vita ostacolino ingiustamente il raggiungimento dei propri scopi e della propria serenità;
- Nutrire considerazioni negative su di sé, sentendosi inadeguato, incapace, con scarso valore e destinato ad essere rifiutato dagli altri;
- Il futuro viene avvertito come oscuro e privo di speranza. Queste sensazioni e convinzioni si accompagnano a vissuti di apatia e di scarsa efficacia personale, che favoriscono l’inattività e il ritiro sociale. Nei casi in cui ci si immerga ancora in situazioni di contatto sociale, la sottile sensazione costante di valere poco e di non essere amabile, porta queste persone ad approcciarsi con ansia alle altre persone (“ho paura che gli altri scoprano quanto sono incapace, buono a nulla”). Tale ansia non fa altro che compromettere le “competenze” sociali, generando spesso davvero un rifiuto o un giudizio negativo da parte degli altri. In tal modo, purtroppo, ci si conferma l’idea di partenza (“mi rifiutano, quindi è vero che non valgo”). Questo ovviamente non fa che amplificare i vissuti di solitudine e di inaiutabilità, con spirali che possono portare a livelli molto elevati di sofferenza emotiva. Non di rado l’incapacità di regolare tali emozioni può portare all’abuso e dipendenza da sostanze sedative e alcol, che vengono utilizzati come regolatori “sostitutivi”. Nei casi più sofferenti la persona può arrivare a desiderare di togliersi la vita. Spesso gli eventi scatenanti tali problematiche sono riferibili a esperienze di perdita, e a vissuti di abbandono, rifiuto, delusione, separazione. La natura della perdita può essere reale, come nel caso di un lutto, o simbolica, come nel venir meno della stima o della fiducia.
Ciò che rende tali esperienze particolarmente perturbanti è che esse appaiono non controllabili.
- Nelle situazioni di Disordine del Comportamento Alimentare il proprio valore personale e la propria autostima vengono spesso vissuti come derivati dalle condizioni del proprio corpo, nella forma e nel peso. Molte persone con questo tipo di problemi trovano difficoltà a percepire un senso di Sé stabile, a sentire con chiarezza le proprie emozioni, a identificarle e a fidarsi di esse. A una confusione interiore sulle proprie sensazioni e intenzioni, si associa invece una raffinata sensibilità e intuizione delle aspettative e desideri altrui su di sé. Per uscire da uno stato di dolorosa incertezza e di vuoto su “chi sono e cosa voglio”, i soggetti con questo tipo di personalità si sentono pressati ad “indossare” su di sé pensieri ed emozioni provenienti da chi sta loro vicino. Questo permette loro di sentirsi meno sperduti nell’ incertezza, ma al tempo stesso origina un profondo senso di invasione, un’attacco al loro potere di essere sé stessi, di autodeterminarsi. Per tale motivo queste persone arrivano, a volte, a vivere i rapporti con un gran senso di rabbia, vergogna e un forte timore del giudizio altrui, così tanto in grado di penetrare in profondità e definirle dall’esterno. Le relazioni sono tanto cercate, quanto temute una volta trovate. Necessarie, al fine di contrastare l’angoscia di vuoto e di perdita di direzione nei momenti di solitudine, ma al tempo stesso sentite come prevaricanti nel loro potere di definire dall’esterno.
Ecco che dunque il controllo del cibo e della sua assunzione, come anche il perfezionismo ricercato nella forma fisica, possono assumere la funzione di un disperato tentativo di riassumere e riaffermare il controllo sul proprio spazio di vita: non di rado, infatti tali condotte sono inserite in un sotteso gioco di potere con una o più figure significative.
Una volta donato al corpo il potere di darci o no valore, è comprensibile che più il controllo su di esso diventerà estremo e perfetto (fino a mettere in pericolo la vita stessa, come nelle gravi Anoressie), più la persona sentirà di salvaguardare il proprio senso di sé e di riaffermare in modo forte la sua volontà sui propri spazi di vita. Sensazione però illusoria e, purtroppo, pronta a svanire di fronte alle “invasioni” altrui.
La Psicoterapia Cognitivo-Comportamentale, di moderno stampo costruttivista ed evoluzionista, costituisce un percorso di cura dalla comprovata efficacia per vari tipi di disagi psico-emotivi, in casi sia di lieve che di grave sofferenza. Attraverso la relazione terapeutica possono essere esplorati i personalissimi modi di sentire e di pensare nelle relazioni di ciascun individuo, scoprendo quali sono e come si sono originate le rappresentazioni, spesso non del tutto coscienti, di sé e del mondo che ci influenzano nella vita di tutti i giorni.
La Psicoterapia Cognitivo-Comportamentale risulta altresì un percorso assai utile e fruttuoso anche per chi, senza soffrire di un particolare disturbo, è interessato ad acquisire una maggior consapevolezza di sé e a migliore la propria qualità di vita.
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Alessandro Petrini
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