Disturbi del Comportamento Alimentare: l’importanza di un approccio integrato
I Disturbi del Comportamento Alimentare sono sempre più diffusi, anche perché sono molto più diagnosticati di un tempo.
Eppure la televisione pullula di programmi di cucina. E se è vero che una sana alimentazione previene la loro insorgenza, non è questo l’obiettivo della maggior parte di quei programmi. Il cibo è diventato il nuovo sesso, un oggetto del desiderio da inseguire ed evitare al tempo stesso.
La vergogna che caratterizzava vent’anni fa alcuni dei miei pazienti nel parlare delle loro difficoltà sessuali non è neppure paragonabile a quella che provano le persone che hanno un Disturbo del Comportamento Alimentare. Nascondono le abbuffate e/o l’ossessione per il conteggio delle calorie. Provano un sentimento di amore/odio per il cibo, di cui abusano e al quale cercano di resistere con tutte le loro forze.
Vorrebbero essere senza pulsioni.
Disturbi del Comportamento Alimentare: l’ossessione che si genera dalla ferita
I pazienti che vedo generalmente, arrivano da vari tentativi di cura da parte di medici e psicoterapeuti di ogni genere e tipo, ma anche da manuali fai da te. Sognano l’ipnosi e maghi con bacchette magiche che li liberino dalla loro ossessione: il cibo. Tutti vorrebbero poterne fare a meno, imparare a resistere, e solo una minoranza vorrebbe mangiare in modo corretto e raggiungere un equilibrio.
La cura dei Dca richiede un approccio globale, con l’intervento del nutrizionista, talvolta dello psichiatra, del medico internista e dello psicoterapeuta, figure cruciali che vanno scelte con cura. Sempre più si cercano soluzioni per curare i disturbi, ma la fame/non fame è prima di tutto una fame d’amore.
Solo riparando quella ferita si può guarire.
Il sintomo va inserito nella storia di vita di ogni persona attraverso la relazione con il terapeuta, che deve saper restituire il valore e la fiducia che le figure di riferimento non sono state capaci di dare, per trascuratezza o incapacità.
Una proposta di trattamento integrato
La relazione terapeutica non può prescindere dal rapporto umano, che è senza alcun dubbio il fattore indispensabile per aiutare il cambiamento.
Il mio approccio si basa su una partecipazione empatica profonda e una relazione affettiva e di cura.
Io porto me stessa e tutta la mia storia, i percorsi su di me, il rapporto che ho avuto con i miei genitori e l’amore per i miei bambini, il mio dolore e la mia gioia di vivere.
Perché la nutrizione è la prima forma di accudimento e di amore e solo una relazione terapeutica adeguata può riparare quella ferita così profonda e pervasiva che impedisce di dare al cibo la giusta dimensione.
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Irene Muller
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