Una piccola “io” repressa che, forse, è tornata a farsi sentire…

Buongiorno, sono “La piccola Io”, quella che ha taciuto per anni, repressa… fino ad oggi che, a 45 anni compiuti di questo appartamento biologico condiviso con la “grande io”, forse ho deciso di dare un cenno della mia esistenza.

Sono nata e cresciuta in una famiglia disagiata, figlia di due adolescenti che per sbaglio sono diventati genitori senza aver la più pallida idea di come i genitori si facciano e senza porsi nemmeno il problema. Ero la bambola nuova da sbaciucchiare, vestitini e scarpette, e null’altro, poi sono arrivati due più coreografici fratelli gemelli, troppo impegnativi per una coppia di ventenni, e mentre “papà” iniziava a scappare dalle responsabilità e creava problemi fuori e dentro casa, “mamma” mi promuoveva pastore tedesco a guardia dei cuccioli più piccoli.

Non ero più figlia, ma una sentinella, un elettrodomestico, un nulla che non ha mai avuto un “io”. Quando ho capito che le cose non andavano come dovevano, che non era giusto ciò che mi accadeva, avevo 9 anni. L’idea di chiudere li quell’indegno e terribile inizio di vita l’avevo gia’ preso in considerazione più volte, le richieste d’ aiuto rivolte a persone esterne come la mastra o i professori dopo, rimanevano inascoltate perché mia madre diceva che ero io a inventare le cose.

Ma il mio appartamento biologico i segni li ha tutti e ben visibili, come credere a un assassino che nega l’omicidio?. Mi sono poi così chiusa in me stessa, sperando di sopravvivere, e ho messo giù le basi per una maschera di cartapesta che mi aiutasse a sparire per non beccare il peggio. Ma il peggio diventava sempre più forte, sempre più grande e coinvolgeva oramai anche mia madre e i miei fratelli.

Al culmine, ero diventata così responsabile delle sorti dei miei famigliari più deboli, che mi assunsi io il ruolo di paladina per combattere i sopprusi una volta per tutte (o almeno pensavo). È stato un po’ come se mi fossi trovata all’ ultimo piano di un grattacielo altissimo e in fiamme, sul cornicione; avevo una paura da pazzi del fuoco che mi lambiva la schiena e del vuoto davanti a me: sul fondo di quel vuoto, una possibilità grande quanto un tappo di birra, il telone dei pompieri.

Se volevo vivere, dovevo provarci, ma il terrore mi bloccava le gambe; li è arrivata la “grande io”, e si è buttata nel vuoto. Mentre scendeva la maschera di cartapesta si ricopriva di piombo e prendeva per mano madre e fratelli per portarli fuori di li, con lei. Si, abbiamo centrato il telone, anche se non era poi tanto sicuro, ma io, “la piccola io”, non c’ero piu’.

Ci vollero anni per capire che ero rimasta su quel cornicione, “la grande io” senza di me è incompleta, aggressiva, prepotente, triste, sola. Ora, mentre ha acquisito un certo equilibrio e allontanato tutti quelli che le hanno fatto del male per anni anche dopo l’incendio, per caso trova un immagine di quel “padre” oramai alla deriva e causa del suo stesso male, nel vederla, un sorriso accennato appena sfocia nell’appartamento biologico, un sorriso che non è reale e non cenna a spegnersi.

Eppure, sono certa che l’immagine mi abbia lasciato indifferente, ma allora perché quel sorriso? È la “piccola io”? E quando si spegnera’? Perché mi da qualcosa simile alla sensazione di liberà e di leggerezza?


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3 Commenti
  • valentina ambrosio
    Pubblicato alle 15:08h, 06 Settembre

    Il modo in cui racconta è molto bello e metaforico, incanelerei nella scrittura creativa la sua storia, per far emergere sensazioni ed emozioni represse e sconosicute. E a proposito di “non conosciuto” mi interrogherei su tutto ciò che è rimasto forse per tanto tempo taciuto e di cui lei stessa non ne parla o comunque accenna: il bisogno di essere amata, riconosciuta e sostenuta! é stata vista come sorella maggiore, come madre putativa, come badante, come baby sitter (e chissà che altri ruoli ha incarnato negli anni) ma faccio la fantasia (cioè immagino) che non è mai stata vista e trattata come una bambina e come tale piccola, impaurita, arrabbiata, triste… Ipotizzo che il primo passo per rispondere alle sue domande e alla confusione che ha nei confronti di questi episodi vecchi e nuovi sia far dialogare il bambino interiore che è in lei (quello che chiama io piccola), ascoltarlo, essere delicati e farlo incontrare (metaforicamente parlando ma anche con delle fantasie guidate) con quello adulto e provare a condividere e scambiarsi alcune emozioni ed esperienze vissute, riconoscendo e trovando i punti in comune nei bisogni non soddisfatti e non espressi. Comprendere come il suo bambino interiore si è sviluppato, con che messaggio interno, su quali dinamiche si è settato, può aiutarla a comprendere meglio come si è definita la sua personalità adulta e le relazioni che ha instaurato coi suo familiari e amici.
    cordiali saluti Valentina Ambrosio

  • Daniele Damiani
    Pubblicato alle 23:25h, 08 Settembre

    Non posso fare altro che condividere quanto scritto dalla collega. Il suo modo di narrararsi è molto evocativo e coinvolgente. Mi permetto di riprendere la sua metafora e di accennare una riflessione che la sua ultima domanda mi ha suscitato. Quella sensazione di libertà e leggerezza.. mi dà l’idea che le posizioni siano ribaltate: la Grande è là, in cima al grattacielo, ormai una pompiere professionista. Intenta a spegnere sempre nuove fiamme, , la piccola invece è rimasta giù, non è mai salita, e seppur un po’ sola, è ancora capace di giocare e di aprirsi al mondo di strade, vie e piazze e genti ma non sa bene come fare, avrebbe bisogno di una guida forse? Non so a che piano vi incontrerete ma sono sicuro che avrete molto da dirvi.

  • federica zampieri
    Pubblicato alle 23:42h, 08 Settembre

    Grazie per la condivisione! Davvero molto interessante, quanti spunti ci ha regalato.
    Forse sarebbe bello, arrivati a questo punto ,poter far dialogare Grande Io con Piccolo Io e accogliere cosa viene fuori da questa narrazione. Disponibile ad accompagnarla in questo viaggio! Per ora… buon cammino!

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