Dipendenza da gioco
Vai al test
“Ho iniziato a giocare sempre più fino a che la mia vita ha cominciato a ruotare intorno al gioco. Alla mattina mi alzavo alle 7 per puntare online su un sito estero: svegliandomi così presto pensavo di avere più possibilità di vittoria. Poi uscivo a cercare soldi, non mangiavo quasi. Nel pomeriggio avevo il mio giro tra le varie slot e bar: avevo orari e luoghi prefissati perché pensavo fossero quelli più fortunati. Alle 22 incontravo un amico con cui andavo a giocare fino alle 4.”
(Testimonianza di un giocatore d’azzardo).
Cos’è il gioco d’azzardo
Oggi affronteremo il tema del gioco d’azzardo, il quale può sfociare in una vera e propria condizione patologica che, in molti casi, può ostacolare la vita dell’individuo, determinando la fine di relazioni interpersonali importanti o di una vita lavorativa di successo.
Per dipendenza da gioco d’azzardo intendiamo un disturbo che è stato ufficialmente riconosciuto nel 1980 dall’American Psychiatric Association e che nel 1994, è stato inserito nel DSM-IV (Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali) come “Disturbo del controllo degli impulsi”.
Esso è definito come: “Comportamento persistente, ricorrente e maladattivo di gioco che compromette le attività personali, familiari o lavorative.”
Il quale, in seguito, è stato inserito dall’ICD-10 e dall’OMS tra i “Disturbi delle abitudini e degli impulsi”.
Tale disturbo è dunque riconosciuto totalmente come una dipendenza patologica: infatti ha diversi tratti in comune con la dipendenza da sostanze.
Nello specifico, ciò che hanno in comune è sicuramente il comportamento compulsivo che, poi, ha effetti sulle relazioni sociali e sulla salute del soggetto.
Come nei disturbi ossessivo-compulsivo, l’individuo mette in atto questo comportamento che diviene una vera e propria compulsione e che gli garantisce benessere: tale benessere è così forte che l’individuo non riesce a smettere.
Una variante che oggi prende piede è il Gioco d’azzardo online: il web amplifica tale fenomeno, perché mette tutti nella condizione di giocare e, spesso, in condizione di anonimato.
Come spiega lo psicoterapeuta Lavenia: “Mentre il giocatore tradizionale era facilmente individuabile, ghettizzato nei luoghi deputati al gioco, ora chiunque può essere un giocatore compulsivo senza che nessuno lo sappia, basta possedere un computer, il collegamento a internet e una carta di credito. Viene a mancare perciò, oltre alla funzione socializzante del gioco, l’effetto inibitorio del giudizio degli altri.” (Lavenia, 2013)
Esordio della dipendenza dal gioco
La diffusione di tale disturbo è ormai sotto gli occhi di tutti tanto che esso sta diventando sempre più un problema su cui si cerca di intervenire ma, soprattutto, da prevenire.
Da uno studio IPSAD condotto sulla popolazione adulta italiana nel 2013-2014 è stato rilevato come circa 17 milioni di persone, quindi il 42,9% della popolazione, abbiano giocato almeno una volta ingenti somme di denaro.
Di questi, il 15% risulta avere un comportamento “a basso rischio”, il 4% “a rischio moderato” mentre l’1,6% un comportamento “problematico”.
L’adolescenza e l’età anziana son le fasi di vita in cui sembra emergere più frequentemente questo disturbo, mentre i Gratta e Vinci, le scommesse sportive e i giochi d’azzardo online sono i giochi più in voga tra i più giovani.
Gli anziani, invece sembrano preferire il bingo, le lotterie e le slot machines.
Questi dati possono far paura, poiché ci mostrano come nella società attuale tale rischio sia totalmente sottovalutato: si ritiene non sia pericoloso giocare almeno una volta nella vita e che non possa avere ripercussioni anche in futuro.
Ma tali risultati mostrano il contrario, a quanto pare.
Cosa può determinare tale disturbo a livello biologico?
Partiamo dal presupposto che l’individuo può venire a contatto col gioco in modo semplice e causale, ma ciò può trasformarsi in una patologia, dal momento in cui non si riesce a smettere.
Il gioco insomma può diventare un vero e proprio “chiodo fisso”. Spesso ci si chiede “perché non provarci almeno una volta?”, fino ad arrivare ad esserne dipendenti.
L’individuo spesso infatti gioca e gioca ancora, perché sente di voler tentare la fortuna. Talvolta infatti spera nella vittoria di somme ingenti di denaro oppure gioca semplicemente perché questo lo fa sentire bene.
Il gioco infatti può determinare un aumento della dopamina quasi anomalo, determinando una sensazione di benessere.
Ma quali sono i sintomi che si manifestano in tali soggetti?
Sintomi della dipendenza da gioco
I sintomi di chi soffre di tale disturbo sono davvero molto specifici.
L’individuo dipendente:
- Sente un bisogno sempre crescente di giocare somme di denaro maggiori per raggiungere elevati livelli di eccitazione;
- Ha tentato in diversi momenti di smettere di giocare o, almeno, di ridurre tale comportamento ma ha fallito in tutte le occasioni;
- Sente rabbia e irrequietezza quando decide di interrompere;
- Sente un eccessivo coinvolgimento nel gioco d’azzardo senza interesse per il resto;
- Ha rischiato diverse opportunità di crescita sia a livello personale sia lavorativo;
- Dopo aver perso, continua a giocare per “rifarsi”;
- Nasconde in tutti i modi possibili il suo coinvolgimento nel gioco d’azzardo;
- Fa di tutto per reperire somme di denaro per poi giocarle.
Ma come si può diagnosticare tale disturbo?
Diagnosi della dipendenza dal gioco
Sicuramente, l’individuo ludopatico ha consapevolezza del suo problema: riesce a capire di mettere a rischio se stesso e la sua vita a causa del gioco. Ma il vero ostacolo da superare, per questi individui, è la voglia di non giocare più: il gioco diviene l’unica fonte di benessere e, quindi, l’individuo fa di tutto per soddisfare questo suo bisogno.
Come si fa a diagnosticarlo?
Rifacendosi al DMS V, riusciamo a capire di essere di fronte ad una situazione patologica quando l’individuo presenta almeno quattro dei sintomi sopracitati per un periodo di 12 mesi: quindi, quando tale disturbo diviene un vero e proprio ostacolo nella vita del soggetto.
Per una corretta diagnosi, fondamentale risulta essere il colloquio clinico e una particolare attenzione alla storia dell’individuo per capire quali possono essere i campanelli d’allarme.
A tal fine possono essere utilizzati diversi strumenti diagnostici: uno di essi è il CPGI- Canadian Problem Gambling Index (Ferris & Wynne 2001) che approfondisce i temi centrali per i giocatori, al fine di distinguere i loro comportamenti in: gioco sociale, a rischio, problemi moderati e comportamento patologico.
Ma cosa causa tale dipendenza?
Cause della dipendenza da gioco
Alla base di tale dipendenza non sembra esserci un’unica causa, anzi si ritiene che sia il risultato di una combinazione di fattori biologici, genetici e ambientali.
Dal punto di vista biologico, la dipendenza è dettata dai cambiamenti che tale comportamento riesce a produrre a livello cerebrale.
Da uno studio condotto dall’Harvard Medical School’s Division on Addictions si è osservato che le vincite al gioco producono le stesse reazioni cerebrali che si hanno quando l’individuo abusa di cocaina. Come abbiamo detto prima, giocare determina un aumento della dopamina e, quindi, del benessere per l’individuo.
Tutto ciò, ovviamente, porta l’individuo a sentire il bisogno di continuare a giocare, ma anche l’ambiente ha un ruolo decisivo. Se l’individuo ha diversi problemi finanziari, sarà più predisposto ad iniziare a giocare. Questo perché la fortuna sarà vista come una soluzione possibile a tutti i suoi problemi.
L’individuo quindi inizierà a giocare e se riuscirà a vincere ciò sarà solo uno stimolo in più per continuare. E anche qualora dovesse perdere, cercherà comunque di tentare la fortuna.
Allo stesso modo, un bambino che vede i propri genitori giocare in modo compulsivo, sarà portato a credere che ciò sia normale e che, quindi, non sia un vero e proprio disturbo.
Quindi perché non dovrebbe provarci?
Trattamento della dipendenza da gioco
La maggior parte dei trattamenti si rifanno alla psicoterapia breve che agisce sulla motivazione e ha come finalità la ricostruzione cognitiva. Tale terapia, in pratica, cerca di “decostruire” i pensieri e le false aspettative che il giocatore ha creato sul gioco stesso.
In questo modo, l’individuo viene a contatto con la realtà, capisce la pericolosità del gioco stesso e, una volta compresa, inizia, con il terapeuta, un percorso di ricostruzione del proprio Sé e della modifica del comportamento disturbante. Il tutto, ovviamente, in modo graduale.
Oltre alla terapia individuale, può essere davvero efficace la terapia di gruppo.
In questo caso, l’individuo entra in contatto con soggetti con la sua stessa dipendenza, condivide la propria esperienza e riesce a metterla a confronto con quelli degli altri soggetti. Una volta terminata la fase di condivisione, l’individuo diventerà parte attiva della terapia: avrà delle responsabilità e una condotta positiva per aiutare gli altri.
Vi è anche la possibilità di poter trattare il disturbo secondo l’orientamento sistemico-relazionale, coinvolgendo anche la famiglia, qualora il gioco patologico sia associabile ad una sua condizione disfunzionale. Il terapeuta, parte dunque dalla ricostruzione del “contesto familiare” per andare alla ricerca di quelle che sono le cause relazionali del comportamento sintomatico, per poi sviluppare delle ipotesi.
Spesso, inoltre, viene utilizzata la terapia farmacologica con l’impiego di farmaci che agiscono sull’impulsività come gli stabilizzatori del tono dell’umore: tale terapia può risultare sicuramente efficace, ma nel trattamento dei sintomi secondari associati a tale disturbo.
Consigli per convivere con il disturbo
Ci sono suggerimenti pratici per chi si vuole liberare, gradualmente, di tale dipendenza?
Sì, esistono alcuni comportamenti che si possono mettere in atto: vediamoli qui di seguito.
Gioca per divertimento
Cosa significa esattamente “giocare per divertimento”?
Per divertirsi, si sa, non serve giocare grandi quantità di denaro.
Quindi, fissati una somma di denaro da poter giocare e, una volta terminata, non giocare più.
Questo ti permetterà di giocare meno e in modo controllato!
Coltiva altri interessi
Il gioco non è tutto, sicuramente può essere divertente ma c’è tanto altro da poter fare.
Guardati attorno ma, soprattutto, gradati dentro: cosa ti piace fare?
Quali sono le tue passioni?
Coltiva ciò che ti fa stare bene e non pensare sempre al gioco.
Cambia le tue abitudini
Sicuramente, col tempo, avrai adottato delle abitudini che ti portano ad entrare sempre più in contatto col gioco, come la scelta di un bar che ha delle macchinette e in cui puoi giocare.
Perché continuare a scegliere quel bar?
Evita luoghi del genere. Cambia le tue abitudini!
Non giocare con persone “rischiose”
Nel momento in cui puoi giocare, sai che stare a contatto con gente che gioca pesantemente ti porterà a fare lo stesso?
Evita di giocare con queste persone: così potrai evitare di giocare somme elevate di denaro e di cadere, di nuovo, nello stesso circolo vizioso.
Non giocare quando sei stressato
Sembra difficile, vero?
Il gioco ti aiuta a stare meglio e a non pensare alla situazione difficile che stai vivendo.
Ma questa non può e non deve essere una soluzione: giocare non ti dà nessun tipo di vantaggio, anzi.
Evita, quindi, di giocare quando sei in una condizione difficile: il gioco potrà darti una soddisfazione effimera che, però, appunto, è destinata a finire.
Riferimenti
- American Psychiatric Association (2013). Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, DSM (5° ed). Tr.it. Raffaello Cortina, Milano.
- Ferris, J., & Wynne, H. (2001). The Canadian Problem Gambling Index: Final report. Ottawa: Canadian Centre on Substance Abuse.
- Lucchini, A. (2016). Il gioco d’azzardo patologico. Esperienze cliniche, strategie operative e valutazione degli interventi territoriali. Franco Angeli Editore