Problemi con i genitori

Come superare un empasse con i propri genitori? Ho bisogno dei miei spazi a 37 anni.

Salve, sono un impiegato di 37 anni, sufficientemente realizzato nella vita professionale, ma che si è distaccato dal nucleo genitoriale abbastanza presto.

Da piccolo avevo difficoltà a leggere e mia madre, esaurita dai miei tentativi, mi prendeva sberle sonore, sberle che ho preso almeno fino a 15-16 anni. Di recente ho avuto un incidente stradale che io ho causato e di cui non sono in grado di ricostruire la dinamica. Nella giornata di oggi ho accidentalmente buttato dei documenti della nuova macchina per errore. Da questi fatti i miei genitori hanno iniziato a colpevolizzarmi in maniera eclatante e pessimistica, tanto che hanno organizzato, mio malgrado e senza consultarmi, una visita neurologica con un conoscente di mio padre.

Io capisco che ho commesso degli errori seri, ma nessuno di questi non ha mai causato seri danni o problemi a nessuno, sebbene la mia autostima sia ridotta al minimo. Con loro parlare diventa difficile e riescono a comprendere i miei errori solo se mi distraggo.

Io invece ritengo con buona ragionevolezza di soffrire di un disturbo dislessico, che non hanno mai curato in maniera adeguata, e di avere dei genitori affettuosi ma con carattere difficile, poco paziente, supponente e iracondo, che non hanno mai realmente approvato alcuna mia scelta, sia nella scelta affettiva sia nelle scelte professionali (tanto che loro mi consigliano il da farsi, ma non tengono mai in conto né il mio parere, né le mie idee né tantomeno le compagnie che frequento. Nelle case che ho avuto hanno sempre dovuto discutere l’organizzazione e la funzionalità delle disposizioni di mobili e suppellettili o imporre  il loro ordine a vestiti, libri, vivande e elettrodomestici.

Non li ritengo cattivi, ma li vedo poco adatti ad essere il mio modello di genitore perché capaci di vedere il mondo solo per come la vedono loro. Nelle loro relazioni sono molto infelici: mio padre non si parla con suo fratello, mentre mia madre soffre per essere rifiutato da mia nonna e in misura minore da mia sorella, fra di loro sono innamorati ma spesso impacciati.

A loro ho confidato di essere omosessuale, ma con esiti disastrosi come ad altri parenti e ho trovato effettivo supporto nei parentiche più odiano ma che mi hanno accettato senza chiedere nulla. Anzi ho una notevole ritrosia a parlarne con loro e ne faccio un mio segreto personale, che più volte chiedono e più volte nego con il timore di perdere almeno l’unico mio spazio di vita privata al sicuro da loro.

Ci terrei pertanto ad avere un parere da una persona esterna e consigli per superare questo empasse e per acquistare sicurezza ai loro occhi e per avere una vita mia felice con loro e non dover sperimentare la malaugurata necessità di un mio spazio a loro escluso e precluso per la loro incapacità a comprendermi e comunicare con me.


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3 Commenti
  • Alice Carella
    Pubblicato alle 09:31h, 23 Novembre

    Buongiorno,
    È comprensibile che lei soffra a causa di un rapporto conflittuale con i suoi genitori. È necessario, a mio avviso, iniziare un percorso di psicoterapia per individuare e lavorare sul rapporto con le figure genitoriali a partire dell’infanzia e su quali schemi relazionali e comunicativi si attivano. Parlando di terze persone che non presenti nel setting terapeutico, non è sempre facile riuscire a trovare una “soluzione” che porti magicamente il rapporto ad un livello idilliaco. Spesso, il lavoro si basa proprio sull’accettazione che i nostri genitori funzionano in un determinato modo e che non possiamo cambiarli: tuttavia, possiamo cambiare i nostri schemi, i nostri comportamenti, la nostra comunicazione nei loro confronti e percepire un “sentire” positivo, quasi una sorta di libertà nei confronti di un rapporto che ci teneva prigionieri.
    Rimango a sua disposizione.
    Saluti,

    Dott.ssa Alice Carella

  • Mara Schiavi
    Pubblicato alle 10:14h, 23 Novembre

    Buongiorno,

    Mi spiace leggere che abbia dovuto sopportare tanta sofferenza per quello che oggi verrebbe comunemente diagnosticato come un disturbo specifico dell’apprendimento, in termini di dislessia evolutiva. Anni di svalutazioni da parte di figure di riferimento così importante hanno un impatto significativo sul formarsi della personalità di una persona, così come del proprio senso del valore personale e autostima. Lei ormai ha 37 anni, è economicamente indipendente, è grande, insomma.
    Penso che ciò che le serva sia un percorso che la aiuta a riguadagnarsi il suo spazio e riprendere fiducia in se stesso, più per sé, che per loro.
    Non possiamo pensare di modificare i modi di stare nel mondo degli altri, ma possiamo senz’altro lavorare su noi stessi, in modo che il giudizio altrui, pur rimanendo importante per noi essendo quello dei nostri genitori, non condizioni il nostro senso del valore personale, provocando grandi sofferenze.
    Si può restare in ottimi rapporti, anche lasciando un po’ la presa sul rapporto, essendo, come dire, meno in condivisione su alcuni temi, ma esponendosi così anche meno alla possibilità di giudizi negativi che condizionano negativamente lei e il rapporto con loro, incrinandolo.
    Penso sia necessario imparare a volersi più bene, a condividere il giusto che ci fa sentire di essere in relazione, ma non il troppo che permette all’altro di invaderci, sopratutto quando non ci rispetta molto.
    E’ un percorso faticoso, a volte doloroso: se siamo abituati a condividere molto, spesso è difficile essere un po’ meno presenti, ma da i suoi frutti e, alla fine, ci rende più sereni e ci permette di avere un rapporto più soddisfacente.

    Spero di averle fornito un buono spunto di riflessione e, rimanendo a sua disposizione, le auguro una buona giornata.

    Dr.ssa Mara Schiavi

  • valentina ambrosio
    Pubblicato alle 10:57h, 24 Novembre

    Buongiorno,
    ha fornito abbastanza elementi per comprendere già da solo che nella sua famiglia ci sono dinamiche vecchie e nuove che si ripetono (rifiuto, critica, controllo) nelle generazioni e nel rapporto genitori-figli.
    La consapevolezza è un grande strumento conoscitivo. A volte può farci avvicinare verso l’accettazione di alcune situazioni che non abbiamo il potere (e la forza) di cambiare completamente, se dall’altra parte non c’è volontà. Altre volte può rappresentare una spinta a modificare atteggiamenti e credenze che, come un circolo vizioso, mantengono modelli disfunzionali.
    Il terapeuta in quanto terzo neutrale e non giudicante, può aiutare a dipanare la matassa e a migliorare vari aspetti quali l’autostima, le relazioni, e lo svincolo dai suoi genitori.
    Spero di esserle stata utile
    Cordiali saluti
    Dott.ssa Valentina Ambrosio

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