Sento di aver bisogno di un confronto su di me e sulla mia vita
Buonasera,
Sono una studentessa universitaria di 24 anni (sono già laureata in scienze dell’educazione e sono una laureanda in scienze della formazione primaria). Sono una ragazza timida, impacciata, ma molto creativa.
Chi mi conosce mi apprezza molto come persona, soprattutto per il mio modo di essere molto disponibile, buono, spontaneo, buffo e scherzoso.
Purtroppo, però, ci sono due grandi elementi che mi contraddistinguono e soprattutto influenzano negativamente il rapporto con me stessa e con gli altri: la frustrazione e soprattutto l’ansia.
Sono sempre stata una persona un po’ ansiosa, ma nulla di preoccupante.
Al liceo il mio stato d’ansia è degenerato, soprattutto a causa del rapporto burrascoso che avevo con le mie compagne: sono stata vittima per anni di bullismo (scherzi, prese in giro, insulti, umiliazioni, persone che sminuivano la mia intelligenza, il mio modo di essere e di operare. Dicevano fossi una zingara e una morta di fame perché non mi vestivo alla moda e non indossavo capi firmati. Dicevano fossi una persona asociale, che sarei rimasta zitella e non avrei mai combinato nulla di buono nella vita.
Ho subito le peggio cattiverie e mortificazioni: dispetti di ogni tipo, dove mi nascondevano i miei oggetti personali, gettavano tempera e altri rifiuti nei miei capelli ricci (che detta da loro erano finti e sostenevano di indossare una parrucca e hanno provato addirittura a tagliarmeli con le forbici), dicevano inoltre che studiavo mnemonicamente e che avevo voti alti solo perché venivo considerata la ruffiana e cocca dei prof (quando solo io sapevo quanti sacrifici facevo per studiare). Mi prendevano in giro anche per la mia pronuncia in inglese e francese, durante le verifiche orali. Era un continum di giudizi gratuiti che partivano dall’aspetto fisico, l’outfit, fino ad arrivare ad aspetti della mia vita quotidiana (venivo criticata persino perché svolgevo volontariato in una casa famiglia, il venerdì e il sabato sera, anziché andare in discoteca come facevano loro). Insomma ero la classica ragazza senza vita sociale, che non avrebbe mai combinato nulla di buono nella propria vita.
Terminato il liceo mi iscrissi all’università: la mia vita cambiò positivamente in quanto mi ero trasferita in un’altra città e la routine da studentessa fuori sede non mi dispiaceva affatto. Purtroppo però l’ansia con gli anni ha sempre preso il sopravvento.
Mi laureo nel 2018 con 108 (e mi sento particolarmente delusa e non riesco ancora a distanza di anni a capire il perché).
Sono sempre stata una studentessa brillante. Prendevo voti altissimi (media del 28 e mezzo e perfettamente in corso, se non in anticipo).
Mi sono sentita così frustrata da questa laurea da aver fatto nascondere a mia madre la pergamena, poiché solo a vederla mi creava un forte senso di irritazione. Ho un rifiuto così forte nei confronti di questa triennale da portarmi a odiarla, screditarla, continuare a ripetere di avermi fatto solo perdere tempo e di non essere meritocratica.
A soli tre/quattro giorni di distanza dalla proclamazione, passo il test in scienze della formazione primaria (test sostenuto tre giorni prima dalla discussione della tesi) e inizio sin da subito il secondo percorso universitario. Un percorso da incubo: ogni esame è una tortura, un inferno. Vivo tutto malissimo e non riesco ad apprezzare nulla di buono.
Mi mancano circa 6 esami per terminare questo percorso e sto iniziando a lavorare per la tesi, ma non sono felice.
Emerge sempre quella sensazione di frustrazione, di non essere abbastanza (nonostante ho abbreviato da 5 anni a poco più di 3 il percorso quinquennale, mantenendo una media dignitosa del 27 e mezzo), ma non sono felice.
L’ansia continua a essere parte integrante della mia vita.
Nel frattempo, nel corso degli anni, non sentendomi mai abbastanza, ho collezionato un numero spropositato di corsi di formazione, certificazioni linguistiche (inglese e spagnolo) e informatiche di qualsiasi genere.
Ho lavoricchiato soprattutto durante l’estate, in quanto mi sono mantenuta gli studi per diversi anni da sola, pagandomi l’affitto del posto letto e le spese universitarie. In particolare, prima del Lockdown, sono stata selezionata per lavorare come studentessa part-time, presso il museo ubicato all’interno dell’ateneo, collaborando con una docente universitaria. Il mio compito era quello di receptionist: mi occupavo prevalentemente del lavoro di segreteria e di accoglienza al pubblico, inoltre aiutavo la mia responsabile durante l’organizzazione delle visite delle scuole, accogliendo le scolaresche al museo. Purtroppo causa covid, dallo scorso marzo mi hanno sospeso il contratto.
Prima vivevo sola, avevo il mio lavoro e la mia vita. Da un anno ormai vivo con i miei e mi sento come di essere tornata indietro. Attualmente non mi sento felice.
Svolgo volontariato da anni: ho lavorato presso diverse associazioni, in particolare con la Croce Rossa. Eppure se lì per lì sono contenta di ciò che sto facendo, torno a casa e non mi sento soddisfatta e fiera di me.
Grazie a questa esperienza ho avuto modo di rendermi utile nei confronti del prossimo: a partire dalle attività e servizi di beneficenza e consegna di pacchi alimentari solidali, fino ad arrivare a conoscere una nuova realtà: quella di pediatria ed ematologia pediatrica che hanno segnato profondamente la mia Vita. (Ovviamente sono stata formata e certificata nel bls con uso di defribillatore e nelle manovre salvavita nell’adulto e nei bambini).
Nel tempo libero mi capita spesso di scrivere racconti e storie per bambini (la mia più grande passione), ma nell’ultimo periodo è scomparsa anche la mia creatività. Questo è causato dal fatto che da circa un anno provo a pubblicare le mie opere, ma ho ricevuto sempre porte in faccia. Ad oggi non trovo più stimolo nella scrittura e nella lettura (due grandi passioni che coltivavo sin da piccola).
Capita spesso di provare malinconia quando vedo/ sento di gente che si è laureata con 110 e lode (magari da parte di persone che non spiccano di grandi doti di intelligenza o dedizione nello studio), quando dovrei essere felice di me stessa e di ciò che sono e che sto per diventare, ma non ci riesco. Ho tantissimi obiettivi, vorrei prendere altri titoli di studi, master, abilitazioni, scrivere racconti per l’infanzia,lavorare come insegnante col progetto scuola in ospedale nei reparti di pediatria ed ematologia pediatrica (campi che conosco molto bene avendoci lavorato come volontaria). Ma non sono felice.
Ho un ragazzo che mi ama più di qualsiasi altra cosa e non mi fa mancare nulla (l’unica cosa soffro un po’ la lontananza: lavora fuori e sta frequentando la scuola di polizia, spesso mi manca anche se essendo stato arruolato in passato nell’esercito, dovrei essere abituata a vivere un rapporto a distanza). Stiamo insieme da quasi sei anni ed è stato ad oggi, l’uomo, o comunque, la relazione più importante della mia vita.
Ho delle colleghe di università meravigliose e la mia migliore amica che è sempre presente sin dai tempi del liceo (purtroppo anche loro vivono lontane e con la situazione pandemica siamo impossibilitate nel vederci).
Ho perso mio nonno da poco (una persona davvero eccezionale che mi incoraggiava sempre ed era il mio fan numero uno). Se la sua perdita avrà sicuramente amplificato il mio senso di frustrazione, dall’altro canto è una condizione che c’è sempre stata.
La mia famiglia è la classica famiglia semplice e tradizionale, nulla di particolare o di speciale. Un tempo vivevo da sola ed ero molto indipendente. Ad oggi è come se avessi fatto un passo indietro vivendo con loro
Vorrei capire perché sono così? Forse perché vivo ancora con i miei o per la lontananza dei miei cari o per tutte le delusioni e porte sbattute in faccia.
Sento di avere bisogno di un confronto.
Grazie per l’attenzione
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1 Commento
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Federico Samele
Pubblicato alle 15:04h, 02 AprileSalve, da quello che scrive mi sembra che per lei sia estremamente importante essere brava e quando non raggiunge una performance ottimale questo la fa soffrire e la porta a sentirsi insoddisfatta.
Come mai per me è così importante raggiungere il risultato massimo? Come mi giudico quando non lo ottengo?
Penso sia importante che riesca a fare chiarezza e a dare senso a quello che prova, in particolare l’ansia che la accompagna e che fatica a comprendere, così come il senso di frustrazione per la laurea triennale, o il fatto di tornare a casa e non sentirsi soddisfatta.
Cosa dice di me? Cosa mi fa stare in ansia? Cosa non mi rende soddisfatta?
Spero di esserle stato utile, resto a disposizione se volesse un ulteriore confronto.
Cordiali saluti
Dott. Federico Samele